Sbuffai scocciato. - Dico a quella persona di passare un altro giorno
e torno subito da te. - Le sorrisi.
Lei mi baciò in segno di consenso. - Non farmi aspettare troppo.
Malvolentieri mi alzai e mi vestii con una canottiera bianca e un
paio di pantaloncini corti rosa.
- Sexy. - miagolò Tiffany.
La guardai mentre mi legavo i capelli in una coda, sculettai fino
all'uscita senza dirle nulla ma flirtando con la coda dell'occhio.
Aprii la porta ritrovandomi davanti il padre di Evaline: Murphen.
Istintivamente uscii dalla stanza e chiusi la porta dietro di me. -
C... ciao. Cosa ci fai qui? - Ero visibilmente imbarazzato.
Lui alzò il sopracciglio. - Ciao figlia. Sono qui per dirti una
cosa.
In quel momento, Tiffany uscì dalla stanza con addosso la vestaglia.
- Evie, perché ci metti tan... - provò a dire, ma si ammutolì
appena vide Murphen.
Lui la guardò da testa ai piedi. - Buongiorno a te. - Le sorrise.
- Sal... salve... - Fece “ciao” con la mano.
Murphen, dopo qualche secondo, cominciò a passare lo sguardo da me a
Tiffany. - Lei è la ragazza che ti perseguitava al liceo, vero?
- Ehm... Sì?! - gli risposi titubante.
Annui. - E cosa ci faceva con te... in camera... di prima... mattina?
- continuò a chiedere.
Mui guardai attorno. Valentine aveva il volto atterrito e ingelosito,
Jolene e Francis si stavano preparando la colazione e Kaileena li
stava aiutando, Hirina con i capelli stropicciati stava raggiungendo
Valentine. Nessuno mi avrebbe aiutato in quel momento.
Guardai negli occhi Murphen qualcosa mi impediva di mentirgli, almeno
non del tutto. - Io e Tiffany stiamo insieme. È la mia fidanzata. -
risposi con un po' di timore.
Lui rimase per qualche istante in silenzio. - Quindi... sei gay? -
continuò a chiedere.
- Sì, papà. Mi piacciono le donne, mi sono sempre piaciute e non
credo cambierò idea. - risposi entusiasta di me stesso. Alla fine
era vero al cento per cento, il solo pensare di stare con un uomo mi
faceva venire i sudori freddi.
Lui alzò i pugni al cielo ed esultò. - Meno male. D'ora i poi non
dovrò più preoccuparmi che ti mettano incinta o che qualche ragazzo
poco raccomandabile ti faccia qualcosa... bé, hai capito no? -
sospirò sollevato.
Era il senso di preoccupazione che avrebbe ogni padre per la propria
figlia, sensazione che conoscevo fin troppo bene nei confronti di
Jolene. - Penso di sapere cosa intendi dire. - risposi guardando male
Francis che civettava con Jolene e, appena mi notò, si mise a
mangiare in silenzio.
- E loro chi sono?
- Sono i miei amici. Lei è Valentine, è un genio nel vero senso
della parola. Lui è Francis, gli piace giocare a basket al campetto
qui vicino ed è abbastanza bravo. Lei è Kaileena, è una fan delle
armi da fuoco. Lei è una nuova arrivata nel gruppo, si chiama
Hirina. - presentai tutti poi mi portai dietro Jolene e l'abbracciai
da dietro le spalle. - Lei invece è la più piccola del gruppo, ha
solo quindici anni, si chiama Jolene. - sorrisi.
- Quindi, fammi capire bene, lui è tuo padre... allora, dovrei
chiamarlo nonno, giusto? - chiese Jolene mangiando una fetta di pane
tostata con marmellata.
- Come sarebbe a dire? Cos'è questa storia? - chiese confuso.
- Bé, ecco... visto che è minorenne e che un anno fa ha perso
l'intera famiglia ho accettato di farle da tutrice legale. In pratica
è mia figlia adottiva. - spiegai.
Lui fece la faccia da “Cos'hai detto?” ma io corsi dalla parte
opposta dell'isola e andai accanto a Tiffany. - E per finire lei è
Tiffany, l'amore della mia vita. - Le strinsi la mano ed intrecciai
le mie dita con le sue. Lei mi baciò la testa senza esitare.
Lui sorrise. - Mi fa davvero piacere, tesoro. - rispose con un nodo
alla gola. Poi cambiò espressione, diventò cupo. - Cambiando
discorso: come ho detto prima, devo dirti una cosa.
- Sì, certo, dimmi.
- È una brutta notizia: la nonna Tess è morta. - mi disse con tono
serio.
Strabuzzai gli occhi. - Chi?
A quella domanda Murphen sospirò affranto. - Mia madre, quindi tua
nonna. Stava facendo una di quelle stupide sedute da cartomante,
quando alcuni malviventi hanno fatto irruzione e... hanno pestato a
morte tutti i presenti... - fissò il vuoto. Lo capivo, era sua madre
dopotutto.
Mi avvicinai e gli appoggiai una mano sulla spalla. - Mi dispiace,
papà. - gli dissi. - E quando è...? - prova a chiedergli.
- I primi di ottobre. Nel suo testamento c'era espressamente scritto
che oggi dovevo consegnarti questa lettera e i suo diario. Stringeva
il diario al petto quando è stata trovata a terra da una conoscente.
L'ultima cosa che ha fatto la grande Tess Morgan. - Mentre
parlava aveva tirato fuori una pagina ingiallita e un quaderno
consunto, ingiallito e sporco di sangue da una borsa.
- Grazie... - gli dissi perplesso.
- Aspetta un secondo, Tess Morgan? Quella Tess Morgan? - chiese
Valentine.
- La sola e unica. - rispose Murphen con un pizzico di disprezzo. -
Ora... scusate ma devo proprio scappare. Arrivederci e prendetevi
cura della mia bambina. - Sorrise a tutti e si avviò per l'uscita.
Sentivo che aveva qualcosa che non andava, mi misi i scarponcini,
presi il cappotto in pelle di Kaileena e lo seguii. Uscii di casa
ritrovandomi in Bourbon Street, la folla di turisti era già in
arrivo ed i musicisti da strada stavano armeggiando con i loro
strumenti.
Corsi verso la fermata del tram e lo raggiunsi. - Papà, cos'hai?
Lui restò di spalle e prese un profondo respiro, poi si girò verso
di me. - Nulla, piccola mia. Sono solo al colmo della felicità. - mi
rispose.
- Perché?
Gli occhi di Murphen si riempirono di lacrime. - Perché mi hai
chiamato “papà” per tre volte e perché sono così fiero di te
che impazzisco d'orgoglio, tesoro. Sei riuscita a trovare da sola la
tua strada. Ti voglio un bene infinito. - E mi abbracciò piangendo.
Erik, solo per questa volta... posso? chiese Evaline nella mia
testa. Sapevo che voleva fare a cambio.
Certo. È tutto tuo, tigre, le risposi con un sorriso.
In un istante, entrai in una stanza buia con vari monitor accesi. In
ogni schermo c'era una visuale diversa: due erano la visuale di
Evaline, un altro era pieno di file, un quarto era pieno di video, e
il quinto c'erano le esperienze passate mie e di Evaline.
È qui che sta tutto il tempo lei..., pensai amareggiato.
Provavo pena per lei, aveva rinunciato a tutto per dare a me la
possibilità di avere una vita, tremendamente pericolosa, ma vita.
Non pensare a certe cose Erik, io sono contenta anche così. Darti
una seconda possibilità è il minimo che possa fare dopo avermi
salvata dalla morte cerebrale, mi rispose Evaline.
Ma stare sempre al buio non..., provai a dire.
È l'unico modo che abbiamo per non impazzire. Lasciami stare
dietro le quinte. Ti proteggerò sempre, continuò lei. Era seria
lo percepivo.
E va bene, come vuoi, le risposi con un sorriso.
Evaline e il padre si salutarono e, come ero entrato, uscii dalla
stanza dei monitor e tornai a possedere il completo controllo del
corpo della ragazza.
Grazie, Erik!, mi disse lei.
Lieto di servire, mia signora, le risposi con un profondo
inchino davanti ai musicisti. Lei sorrise di cuore, lo sentivo.
Tornai a casa e andai spedito verso Valentine. - Quindi conoscevi la
nonna Tess...
- N... no, non esattamente. Tess Morgan era l'ultimo vero Oracolo
vivete. Anche mia madre la temeva, in un certo senso. Aveva paura che
le rivelasse la sua morte. - spiegò.
- Aspetta un momento, è lo stesso Oracolo di cui parlava Emris e lo
stesso che predisse l'avvento di una nuova Matriarca? - chiese
Francis.
- Proprio quello, e penso avesse ragione. - rispose Valentine
guardando Tiffany.
Sbuffai. - Okay, forse era un Oracolo, era quindi? Era anche mia
nonna, e che cavolo... - rimbeccai. Mi sedetti sul divano a leggere
la lettera della nonna che non avevo mai conosciuto. Quando capii la
verità, mi misi una mano sulla bocca e le lacrime scesero rigandomi
le guance.