div id='fb-root'/> expr:class='"loading" + data:blog.mobileClass'>

Libri Precedenti

martedì 16 ottobre 2018

Episodio 8

- Che posto è questo? - chiesi quando mi ripresi dallo stupore.
- Credevo lo avessi capito, se a Samat - mi rispose la ragazza.
Diedi uno sguardo migliore a ciò che stava al di la del ponte, cioè nulla. Poi alzai gli occhi al cielo, e nella mia testa cominciò a farsi strada un dubbio. - Le stelle, non riesco a riconoscere nessuna costellazione... - mormorai. Era uno spettacolo strano e allo stesso tempo affascinante.
- Ah, capisco... Questo non è il pianeta da cui provieni tu. Forse non è nemmeno la stessa galassia. - rispose la ragazza impassibile.
- Cosa? - sbottai girando la testa verso di lei. Sapevo che non ero più sul mio mondo ma pensavo fosse una specie di dimensione alternativa, invece era un vero pianeta sull'orlo del collasso.
- Il Maestro ha detto che quando sei caduta nel portale sei finita qui, l'unico spazio abitabile del pianeta - rispose la ragazza.
- E perché la città ha un aspetto tanto simile a una qualsiasi città del mio? - Avevo le gambe che mi tremavano.
- Non lo so. È stato il Maestro a modellare questo spazio per noi - rispose lei col viso che non tradiva nessuna espressione.
Rimasi in silenzio a ragionare. Mi avevano presa, avevano fatto degli esperimenti sul mio corpo ma qualcosa era andato storto, e, infine, la scoperta di essere su un altro pianeta abitato da esseri umani e non morti. Le gambe non riuscirono più a reggermi e mi accasciai a terra.
Come faccio a tornare a casa? Come faccio a tornare tra le braccia della mia Evaline? Ero nel panico più totale.
La ragazza mi guardò e inclinò la testa. - Che cos'hai adesso?
- Cos'ho? Voglio riaprire il portale. Voglio tornare a casa mia. Voglio rivedere la mia famiglia, ecco cos'ho - le risposi furiosa.
- Non puoi - mi disse lei.
- Quindi non c'è possibilità che io me ne vada da questo inferno... - mormorai.
- Ho detto che tu non puoi, ma il Maestro sì. È l'unico che può andare e venire dal pianeta - mi rispose la ragazza.
- E perché non l'hai detto subito? - le urlai.
- Non l'hai chiesto - mi rispose lei.
Mi alzai e la presi per il bavero della scollatura. - Dov'è questo Maestro?
- Non aprirà mai il portale per te - mi rispose seria, o almeno ho pensato fosse seria visto che non riuscivo a distinguere le sue emozioni.
- Allora lo costringerò, anche a costo di distruggere pezzo dopo pezzo la sua amata città - ringhiai.
La ragazza rimase in silenzio per qualche secondo poi disse: - In questo caso dovrai eliminare la connessione tra la barriera e gli otto Pilastri, ma per farlo dovrai impossessarti della loro energia con il tuo potere di assorbimento. Ma ti conviene fare in fretta, hai tempo fino alla fine dell'eclissi, ossia il mattino.
Io la lasciai andare basita. Mi aveva detto tutto senza battere ciglio, come se non le importassero le ripercussioni per tale confessione. O, forse, mi stava dicendo tutto sapendo benissimo che non ce l'avrei mai fatta. In ogni caso era impossibile comprendere cosa le frullasse per la testa.
- Perché mi dici tutto questo? - le chiesi.
- Perché no? Tu hai chiesto e io ho risposto. Semplice - mi rispose lei prima di girarsi e fare per andarsene.
Io la osservai per qualche istante, poi chiesi: - Aspetta. Come faccio a trovare questi Pilastri?
- Sono coloro che mantengono attiva la barriera che circonda Samat, quindi sono quelli con la forza vitale maggiore - mi rispose mentre continuava a scendere le scale in legno. Poi percorse il sentiero ed entrò in casa senza più girarsi.
Sorrisi. Forse non era tutto perduto, forse potevo davvero tornare dalla donna che amavo.
Uscii dal gazebo e percorsi la prima scalinata sconnessa che mi si parò davanti. A metà discesa notai un cancelletto arrugginito aperto, al di là c'era un prato ben curato con un unico albero secolare rigoglioso e, sotto di esso, un uomo con un cappotto lungo e un cappello a punta a coprirgli il viso seduto su una sedia a dondolo abbracciato a una falce a mezzaluna nera.
Deve essere lui il Maestro, pensai. Non potevo minacciarlo senza nulla in mano.
Serrai la mandibola reprimendo il desiderio di spaccargli la faccia e continuai la discesa verso la città con una rinnovata speranza e voglia d lottare.


Libri pubblicati:


domenica 14 ottobre 2018

Episodio 7

Scrollai la testa per riprendermi. Decisi di uscire e cercare qualcuno che potesse rispondere alle numerose domande che mi frullavano per la testa: che cosa mi avevano fatto?; cosa era andato storto di preciso?; e soprattutto come faccio ad andarmene?
Con molta fatica, tolsi lo sguardo dal cadavere e mi avviai verso l'uscita.
Una volta all'esterno mi ritrovai in un giardino fatiscente, pieno di erbacce e rami caduti, la scalinata che andava verso il basso era piena di crepe, le panche esterne avevano solo il telaio di metallo arrugginito.
Mi girai per dare un'occhiata all'abitazione in cui mi trovavo poco prima: era peggio del giardino. Le mura erano costellate di squarci pieni di rampicanti e rattoppati con assi di legno, stipiti delle finestre marciti e penzolanti, al primo piano altre assi per sigillarle.
Alla mia destra c'era l'unica struttura mantenuta in ottime condizioni, un gazebo ottagonale in legno con ringhiere, sempre in legno ai lati e sul fondo.
Lì c'era anche la donna dai capelli bianchi di pochi minuti prima, indossava un abito lungo in stile gotico.
Mi avvicinai cauta, non volevo scontrarmi ma parlare se fosse stato possibile. Forse lei poteva darmi le risposte che cercavo.
Entrai nel gazebo tenendomi a distanza di sicurezza. - Spero tu non sia uno di quei mostri schifosi.
- Non lo sono - rispose. La voce era uguale a quella che avevo sentito poco prima: impassibile.
- Bene, finalmente una gioia - sospirai rasserenata. - Eri insieme a quel pazzo con la maschera, vero? - chiesi per esserne sicura.
- Sì, hai passato due giorni e mezzo sotto ai ferri del Sindaco. In realtà non è un dottore ma si dilette a fare esperimenti per il Maestro - spiegò sempre con lo stesso tono.
- Due giorni e mezzo? - chiesi incredula. Per me erano passati pochi istanti ma era passato tutto quel tempo senza che me ne accorgessi. Per quanto mi riguardava era anche troppo.
- Sei sorda? Sì, due giorni e mezzo e a quanto pare sono stati inutili - rispose ancora la donna.
- Inutili? Che cosa significa? - chiesi spaventata. Da quello che avevo capito nemmeno con lei riuscivo a percepire se stesse mentendo oppure no.
- Significa che abbiamo sprecato tempo e risorse preziose per creare un possibile soldato potente quanto i Pilastri. Il problema è che sei miracolosamente sopravvissuta - rispose la donna.
- Mi volevate trasformare in un vostro soldato, come quegli zombie che infestano Samat? - chiesi disgustata.
- Precisamente - affermò lei con la solita impassibilità.
- Insomma, che cosa mi avete fatto? - le urlai afferrandole le spalle e girandola in modo che mi guardasse negli occhi. Mi ero stufata di quel tono, come se non le fregasse niente.
Appena la vidi, però, mi bloccai. Aveva si e no la mia stessa età, con un viso dai lineamenti così perfetti da sembrare di porcellana, un rossetto le faceva risaltare ancora di più le labbra, gli occhi blu erano senza difetti, il corpo aveva proporzioni perfette visibili da un decolleté molto ampio del vestito. L'unico difetto era l'espressione impassibile.
Era semplicemente bellissima, forse più di Kaileena.
- L'esperimento consisteva nel creare un'arma non vivente sfruttando l'innata capacità che possedevano i nativi di questo pianeta: assorbire energia vitale in pochi istanti. Purtroppo un'anomalia nel tuo sangue ha attivato la tua capacita di rigenerazione, guarendoti completamente - spiegò la ragazza.
- Ecco perché sono riuscita ad uccidere quello zombie. Ma il fatto che sono ancora viva non dovrebbe essere un bene per questo vostro Maestro? - continuai a domandare.
- Al Maestro non serve che ci siano troppi esseri viventi in giro, gli serve solo qualcuno da poter sfruttare - rispose inclinando la testa la ragazza.
- È un mostro peggiore di quelli che sfrutta... - replicai indignata.
- Ci tiene tutti in vita - disse lei guardando verso l'esterno del gazebo.
Voltai lo sguardo nella stessa direzione dove ammirai la grande città che si estendeva fino a un lago, a destra c'era una fitta foresta e a sinistra un ponte tranciato a metà da qualcosa di invisibile ai miei occhi. Il tutto illuminato dalla luce rossa dell'enorme luna perfettamente in eclissi che dava a tutto un'atmosfera inquietante.
Capii immediatamente a chi si riferiva, ai civili che ancora vivono in quel posto. Erano in una situazione impossibile e, forse, erano costretti ad attuare soluzioni altrettanto impossibili.


Libri pubblicati:


venerdì 12 ottobre 2018

Episodio 6

Qualche istante dopo, sentii una strana sensazione, come se avessi un enorme peso sul petto a bloccarmi il respiro. La cosa buona era che ero ancora viva, quella cattiva era che non riuscivo ad aprire gli occhi.
Era la sensazione di panico che avevo avvertito quando la mannaia recise la testa dal corpo di Jaden. Ma avevo promesso alla donna della mia vita che avrei superato le mie insicurezze e che sarei tornata da lei. Non potevo arrendermi.
Usai tutta la volontà che possedevo e aprii ancora una volta gli occhi riempiendo il più possibile i miei polmoni di aria. Continuai a respirare avidamente per poi calmarmi.
Istintivamente controllai con le mani il petto per individuare il peso che mi bloccava ma capii quasi subito che non c'era nulla, nemmeno i vestiti che indossavo al mio arrivo. Ero completamente nuda.
Fantastico, pensai asciugandomi il sudore dalla fronte.
Mi alzai dal lettino indolenzita, le candele illuminavano la stanza piena di ragnatele e schizzi di sangue secco, le finestre erano chiuse con delle spesse assi di legno.
Dietro di me c'era uno specchio a grandezza umana pulito e senza un granello di polvere. Presi una candela accesa da una delle credenze e mi ci specchiai, speravo solo di non aver subito mutazioni o lesioni visibili dallo scontro con l'enorme mostro.
Con mia grande sorpresa, però, noitai che era rimasta solo la vecchia cicatrice in mezzo al seno che mi aveva fatto Era.
Non è possibile. Ero in fin di vita e ridotta a un colabrodo, pensai. Ero sicura che alcune lesioni erano profonde e che mi avrebbero lasciato orribili cicatrici anche sul volto. Invece nulla, avevo la pelle candida e liscia come quella una modella fotografica.
Forse, il sangue che Era mi ha somministrato si attiva solo in casi estremi. Non è solo questo, sicuramente mi hanno fatto qualcos'altro, ma cosa?, mi chiesi guardandomi le mani.
E se non fosse un cambiamento esterno ma interno?, quel pensiero mi fece venire i brividi.
Levai lo sguardo dall'immagine riflessa e lo spostai di lato dove c'era una sedia con sopra dei vestiti: una camicetta leggera trasparente, un corsetto scuro, una gonna lunga aperta sul davanti dello stesso colore del corsetto e dei stivali in pelle scura. Indossai tutto e uscii dalla stanza.
Percorsi lentamente un corridoio fino a delle scale, scesi con cautela evitando il più possibile di fare rumore. Una volta arrivata al pian terreno, udii uno strano rumore provenire da una grata aperta al di là di un salotto con camino acceso. C'era tutto: una poltrona, una libreria colma di volumi ingialliti, un tappeto elaborato sul pavimento e un tavolino con al centro un candelabro acceso.
Dall'oscurità grata emerse una mano rattrappita che afferrò una delle sbarre, poi una figura umanoide, simile a quelle che mi avevano inseguita, fece capolino e mi fissò ringhiando con occhi spenti.
Io feci un piccolo passo di lato verso la porta d'uscita ma la creatura gridò in modo innaturale e si scagliò contro di me.
- Merda! - imprecai cercando di trovare qualcosa che potessi usare come arma, ma non trovai nulla.
All'ultimo secondo, schivai il suo tentativo di afferrarmi e la feci finire sulla ringhiera in legno delle scale. Quella mossa però mi allontanò dalla porta d'ingresso, quindi decisi di avvicinarmi al camino.
Attesi per un istante che la creatura si girasse e mi puntasse di nuovo per poi corrermi in contro urlando. Appena fu abbastanza vicina le feci uno sgambetto e la spinsi tra le fiamme.
La creatura strillò e si dimenò in modo inquietante per qualche secondo per poi fermarsi.
- Il fuoco funziona. Il fuoco funziona sempre - esultai allontanandomi di qualche passo per sicurezza.
Improvvisamente, il corpo della creatura fece un sussulto togliendomi il respiro dallo spavento. Feci un urlo tappandomi la bocca con una mano. Poi un altro sussulto, un terzo e un quarto fino a rotolare fuori dal camino ed infine a rialzarsi. Le fiamme che l'avvolgevano si estinsero come se venissero risucchiate all'interno del corpo.
Il fuoco non ha funzionato, anzi, sembra aver reso questa cosa più forte di prima, pensai paralizzata mentre controllavo la forza vitale della creatura. Non riuscivo a credere a quello che avevo appena visto e non avevo idee su come ucciderla.
La creatura mi corse per l'ennesima volta in contro cercando di lacerarmi con le unghie affilate. Mi misi in posizione e parai alcuni colpi e poi sferrai pugni e calci che sortirono solo l'effetto di allontanarla di qualche passo.
Era logico, non sentiva dolore poiché era già morta ed era instancabile per lo stesso motivo. Se avessi continuato a combattere in quel modo avrebbe avuto la meglio su di me.
Continuai a spingere la creatura fino alla libreria e con uno scatto le bloccai i polsi tenendoli in alto con una mano e con l'altro braccio appoggiato sullo sterno per evitare che mi mordesse con le zanne che aveva al posto dei denti.
La puzza che emanava era così nauseabonda che per un istante mi venne l'istinto di vomitare e l'alito era anche peggio.
L'avevo bloccata ma non sapevo che fare, cercai di percepire ancora la forza vitale ma successe qualcos'altro: sentii uno strano formicolio alla mano appoggiata al petto delle creatura, poi un dolore simile a degli aghi che premevano su tutta la superficie della mano.
Poco a poco, i movimenti della creatura da scattanti si affievolirono fino a smettere del tutto di muoversi, era diventato letteralmente un peso morto tra le mie mani.
La lasciai cadere e provai a percepirne di nuovo la forza vitale ma non c'era nulla. Era definitivamente morta. Per sicurezza mi allontanai e attesi per qualche minuto che si rialzasse, ma non successe nulla. In qualche modo l'avevo uccisa.
Ma che cazzo mi sta succedendo? Che cosa mi hanno fatto?, mi chiesi terrorizzata guardandomi le mani.


Libri pubblicati:


martedì 9 ottobre 2018

Episodio 5

Ero semicoscente.
Avevo la sensazione di fluttuare, i sampietrini sconnessi della strada scorrevano velocemente. Qualcuno mi stava trasportando da qualche parte, non riuscivo a pensare, era troppo faticoso e doloroso.
Persi conoscenza.
Riaprii gli occhi, questa volta ero in una stanza illuminata da candele poste su un lampadario arrugginito, ampia e piena di scaffali in legno. Ero sdraiata sulla superficie di un tavolo, posta al centro della stanza. Girai lentamente lo sguardo sullo sgabello su cui era appoggiata una borsa in pelle nera. L'odore era di muffa e sangue.
Un uomo con una maschera da dottore della peste mi si parò davanti agli occhi. - Ha ripreso i sensi, è incredibile!
- Ha una volontà ammirevole - rispose una voce femminile e calma.
Il dottore della peste mi esaminò attentamente e con poca cautela. - Credo... sia per colpa del sangue contaminato, la sta guarendo più velocemente di quel che credessi.
- Quindi? - chiese la donna.
L'uomo alzò lo sguardo vero la mia sinistra. - Lascia che ti spieghi, mia cara. Un essere umano normale sarebbe morto all'istante se avesse affrontato un Pilastro. Lei, invece, ha lottato, ha perso e nonostante le gravissime ferite, alcune anche mortali, tornerà in perfetta salute nel giro di un giorno. Se va avanti così non riuscirò a completare la mia opera d'arte in tempo.
Il sangue che Era mi ha versato sul petto otto mesi fa, cercai di ricordare. Era mi aveva quasi uccisa per indurre Evaline a farla entrare nella sua congrega di Matriarche.
- Lo farà oggi allora? - chiese ancora la donna.
- Sì - rispose il dottore della peste.
La donna replicò ma non riuscii a sentire nulla perché svenni di nuovo per colpa di qualcosa che il dottore mi aveva iniettato.
Mi svegliai ancora all'interno della stanza, potevo riconoscerne l'odore di stantio, sangue e putrefazione. Aprii gli occhi e notai che il dottore della peste stava andando su e giù per la stanza mentre raccoglieva le sue cose e le gettava nella borsa nera.
Questo non è buono, pensai preoccupata. Non capivo cosa stesse succedendo ma di sicuro non era una cosa buona, il problema era se fosse cattiva per me o per lui.
- Dottore, calmati - fece la donna che avevo sentito in precedenza.
- La fai facile tu. Non verrai punita dal Maestro per aver fallito - rispose il dottore della peste.
- Perché, hai fallito? - chiese ancora la donna con tono impassibile.
Il dottore della peste chiuse la borsa. - Non credevo che l'esperimento andasse così male.
- Cos'hai combinato? - continuò la donna.
L'uomo mi guardò. - Ho giocato a fare il Viaggiatore. Dovresti eliminare il soggetto prima che possa causare danni irreparabili.
- È così grave? - continuò ancora la donna.
- Non capisci. Non ha avuto nessun rigetto. Significa che le capacità si sono fuse rendendo questa umana incontrollabile. Andrò nel mio studio, fra poco andrò in scena... - rispose il dottore della peste, poi salutò la donna con un cenno e se ne andò.
Sentii la donna alzarsi e seguire l'uomo. Cercai di capire chi fosse ma era di spalle vedendo soltanto il colore dei suoi capelli, un bianco candido e naturale.
Ripensai a tutto ciò che avevo sentito. Mi avevano portato in quella stanza, usata per degli esperimenti che poi sono falliti e forse venire uccisa per motivi che non avevo compreso.
Mi feci prendere dal panico, la respirazione era accelerata e il cuore batteva all'impazzata. Non voglio morire, piansi disperata mentre perdevo per l'ultima volta i sensi.


Libri pubblicati: