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venerdì 21 settembre 2018

Episodio 4

Attaccai caricando i miei muscoli di forza vitale e mirando alle protezioni ma non sortì molti effetti, il mio pugno scalfì il busto del mostro che indietreggiò di qualche passo.
Il mostro mi guardò con i suoi occhi completamente neri infuriato, io arretrai intimorita. Poi fece un passo in avanti, prese un lungo respiro ed infine fece un ruggito innaturale dalla testa più grande così potente da stordirmi.
Presa dal panico provai a scappare e allo stesso tempo attirare l'attenzione del mio avversario, ma con soli quattro passi riuscì a raggiungermi e con una sberla a scagliarmi oltre una delle pire accese. L'atterraggio non fu per nulla morbido e mi ferii in vari punti del corpo.
È stata una cattiva idea, mi dissi. Ero da sola contro un mostro alto il doppio e dotato di una forza sovrumana, la sfida era nettamente impari.
Una volta ripresomi dal colpo che avevo preso, a fatica mi rialzai e cercai un'arma ma l'unico oggetto utile era un tronco caduto dalla pira. Senza pensarci due volte lo afferrai e lo alzai sulla spalla, attesi che il mostro facesse il giro per finirmi e infine lo colpii a uno dei volti mandando in frantumi l'arma. La testa che avevo colpito penzolò per qualche secondo e poi si staccò spiaccicandosi a terra.
Che schifo, era già putrefatta da un pezzo. Però il resto del corpo è illeso, di cos'è fatto?, mi chiesi.
Il mostro guardò la testa caduta poi guardò me. Ancora più infuriato di prima si scagliò contro di me. Provai a lanciargli il resto di tronco che avevo ancora in mano ma come previsto non sortii alcun effetto, era semplicemente troppo grosso per essere battuto da un essere umano o da una semplice Strega Combattente come me.
Riuscii, con molta difficoltà, a schivare tutti gli attacchi, uno di essi era così potente che frantumò il pavimento della piazza in granito. In quel momento capii che non era solo uno zombie enorme ma anche spaventosamente forte.
Dopo essere riuscita a schivare altri tre colpi potenzialmente mortali il mio avversario riuscì a sferrarmi un calcio che mi fece letteralmente volare verso una pira ormai spenta.
I tronchi inceneriti mi crollarono addosso ustionando lievemente la pelle e la cenere per poco non mi aveva soffocata.
Quando riuscii a liberarmi e a far un po' di luce mi ritrovai davanti un cadavere umano carbonizzato. Urlai per lo spavento, anche se mi uscì un rantolio seguito da tosse. Senza preavviso la testa si staccò dal corpo finendomi in grembo.
Quella scena mi fece ricordare il brutale omicidio di Jaden e di come ero rimasta immobile a piangere invece di reagire per salvare il mio amico. Mi misi una mano sulla bocca e il cuore mi batteva all'impazzata dal terrore.
Non avevo mai superato la sua morte perché la ritenevo colpa mia, ed era stata colpa mia. Nonostante le rassicurazioni degli altri non riuscivo a farmene una ragione.
Cercai di uscire dal cumulo annerito il più velocemente possibile, incespicando a ogni posso senza mai togliere lo sguardo dalla testa carbonizzata.
Continuai ad indietreggiare finché non sentii una superficie legnosa. Merda, ho fatto un errore da principiante, mi maledii.
Girai lentamente lo sguardo e le mie paure si concretizzarono, il mostro fatto di cadaveri era proprio alle mie spalle. Mi allontanai di qualche passo, come se fosse servito a qualcosa, chiusi gli occhi.
Ti prego, non voglio morire, non prima di averla rivista, pensai in lacrime.
Sentii il mostro che caricava il pugno pronto a colpire quando percepii una forza vitale famigliare, aprii gli occhi e davanti a me c'era il volto della donna che amavo. Cercava di parlarmi ma io non riuscivo a sentirla.
Evaline, sorrisi. Ero felice. Ero riuscita a rivedere il volto dell'amore della mia vita prima di morire. Ero davvero felice.
Poi mi focalizzai sul suo volto, era triste. Forse era delusa dal mio comportamento arrendevole. Anche se fosse stata un'illusione creata dalla disperazione del momento, non riuscivo a sopportare che lei fosse delusa da me.
Dovevo reagire.
Purtroppo la mia rinnovata risolutezza arrivò troppo tardi, il mostro mi colpì così forte che sentii le ossa rompersi tutte assieme, ero riuscita a sentire perfino il rumore della maggior al momento della frattura.
Fui scagliata contro un muro in pietra e all'impatto sputai sangue. Il dolore era lancinante, non riuscivo a ragionare, a muovere nessun muscolo o a respirare. Molto probabilmente avevo entrambi i polmoni perforati.
Il mostro si avvicino lentamente per darmi il colpo di grazia ma una voce dietro di lui urlò: - Fermo. Il Maestro la vuole viva.
Il mostro si fermò, si girò e se ne andò. In quel momento la vista mi si appannò e non riuscii a capire chi fosse, e il dolore era talmente forte che speravo solo di morire e farla finita in fretta.
Per mia sfortuna persi solamente i sensi ma prima feci una promessa a me stessa: se mai fossi sopravvissuta non avrei mai più lasciato che il passato mi bloccasse, avrei affrontato e sconfitto le mie paure.



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domenica 16 settembre 2018

Episodio 3

Ma che sta succedendo?, pensai indietreggiando.
Il mese prima ero riuscita a frantumare un enorme blocco di asfalto a mani nude, adesso non riuscivo neanche a rompere una fragile finestra. Ero terrorizzata, se avessi perso anche la mia capacità di Strega Combattente sarei sicuramente morta.
Mi osservai le mani e notai che stavano tremando. Forse mi sono indebolita o forse questo posto è più strano di quello che sembra, ragionai.
Mi guardai attorno e trovai quello che mi serviva: un moro diroccato. Sferrai un pugno con tutta la forza in mio possesso ai mattoni che si frantumarono facendo crollare l'intera parete.
Come pensavo, è questa città ad essere strana, ragionai.
Piano, piano, il panico che provavo si affievolì. Se avevo ancora la mia forza avrei avuto più probabilità di sopravvivere e di tornare a casa.
Se ci sono delle persone significa che c'è gente viva, e se c'è gente viva allora c'è più forza vitale di quello che pensavo, ragionai. Mi sedetti su di un scalino e mi concentrai chiudendo gli occhi.
Sorrisi quando riuscii ad identificare così tante persone nei paraggi, poi però mi accorse che alcune si muovevano troppo per essere all'interno delle case. Sicuramente si trattavano dei non morti che avevo incontrato, erano almeno un centinaio in quella zona. Due di loro erano dirette a gran velocità verso di me.
Cazzo, avranno sentito il muro crollare, pensai.
Mi alzai e me ne andai il più in fretta possibile. Provai a chiedere aiuto a tutte le case che riuscivo a trovare lungo la strada, ma nessuno voleva più parlarmi. Era strano ma alcune di quelle persone mi chiamò per nome intimandomi di andarmene.
Delusa continuai a provare, ma fu tutto inutile.
Cercai di sfruttare la capacità di percepire la forza vitale per non farmi notare dai non morti, come una sorta di radar spirituale.
Più andavo avanti e più la situazione migliorava. Le strade erano decenti e le case erano intatte anche se molte rimanevano catapecchie abbandonate, ma i mostri cominciavano a farsi più numerosi.
Ero allo stremo delle forze, non a livello fisico ma morale. L'unica persona con cui ero riuscita a parlare era una specie di pazzoide che faceva discorsi ambigui. In più sembrava che con lui l'empatia non stesse funzionando, non ero riuscita a capire se stesse mentendo o meno.
Durante il mio girovagare come una latitante per le strade di Samat, l'unica cosa che volevo era un riparo per passare la notte e magari riposare e che non fosse una trappola mortale.
Mi sembrava di vivere in un incubo in cui i mostri inseguono la propria vittima finché non fa un passo falso e la fanno a pezzi.
Ero anche amareggiata, avevo agito d'istinto per salvare Thessa sacrificandomi al posto suo. Conoscendo Evaline ero sicura che sarebbe andata fuori di testa e avrebbe cercato in tutti i modi di salvarmi. Ma non potevo chiederle un atto così egoistico, per aiutarla dovevo salvarmi da sola.
Girai per l'ennesima stradina a destra per evitare le creature non morte e, una volta percorsa tutta, mi ritrovai in una piazza. Sgranai gli occhi era piena di pire accese con sopra ognuna almeno tre cadaveri carbonizzati. L'odore di carne bruciata mi fece venire la nausea, mi appoggiai a una parete e vomitai.
Voltai lentamente lo sguardo per assicurarmi che fosse vero. Chi può aver fatto una cosa così orribile?
Ripensai al Massacro della Città dei Morti e a come avesse potuto sentirsi Evaline in quel momento, indifesa e inutile. Lei era riuscita a superare la cosa mentre io non riuscivo a darmi pace per la morte di Jaden, mi sentivo ancora responsabile.
Improvvisamente udii un urlo femminile provenire dal centro della piazza. Rimasi immobile per qualche secondo, incredula sul fatto che esistessero persone al di fuori delle loro abitazioni, oltre ai non morti.
Valutai se intervenire oppure no, poi mi ricordai quello che diceva spesso Evaline in certe situazioni: - Il Mondo delle Streghe non cambierà mai se non siamo noi per prime a dare l'esempio.
Mi misi una mano sulla faccia rassegnata. Odio quando fa così. Ogni volta è un rischio inutile per tutti, mi dissi, poi sorrisi.
Ero demoralizzata, indebolita e molto probabilmente indolenzita dalla caduta, in quello stato sarei stata un peso per chiunque ma non potevo abbandonare una persona in pericolo.
Corsi verso il centro della piazza cercando di evitare i numerosi zampilli selle pire. Raggiunsi che aveva urlato, una ragazza dai capelli corti e di colore rosso scuro sdraiata a terra incosciente. Accanto a lei vidi una creatura umanoide alta tre metri composta da diversi pezzi di cadavere, due teste, tre braccia una delle quali attaccata alla spina dorsale, con la pelle grigia e vestito di una sorta di armatura raffazzonata con assi, porte e lacci di cuoio.
La ragazza fece uno spasmo, capii che era ancora viva e sembrava non avere lesioni gravi.
Nonostante il terrore presi la mia decisione: avrei salvato quella ragazza per poi farmi aiutare in qualche modo.


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martedì 11 settembre 2018

Episodio 2


Sgusciai fuori dal mio nascondiglio e continuai a vagare cercando di trovare qualcuno ce potesse aiutarmi o almeno qualcuno che non tentasse di mangiarmi il cervello.
Mi infilai in una stradina notando una figura attraverso una finestra accesa di una casa. Scesi delle scale diroccate e pericolanti avvicinandomi all'abitazione.
Andai alla porta e provai a bussare. - C'è qualcuno? Se ci siete, per favore, aprite - implorai esausta.
Dopo qualche minuto di tentativi una strana voce dal suono distante mi rispose: - Vattene!
Esultai nel sentire che parlava la mia lingua. - Ti prego, non so dove andare e sono così stanca.
- Mi dispiace, non posso aprire - mi rispose la voce.
- Allora dimmi chi può, ci sarà qualcuno che mi possa aiutare? - chiesi.
- Nessuno può. - rispose la voce con uno strano tono rassegnato.
- In che senso “nessuno può”? - Ero davvero stanca e nervosa, l'ultima cosa che volevo sentire erano gli indovinelli.
- Samath è morta. Ghet'haran è morto. Il Maestro comanda ciò che rimane. Ma cos'è rimasto se non un'illusione? - continuò a delirare la voce.
- Samath? Ghet'haren? E chi è questo Maestro? - cercai di chiederle.
- Come? - chiese la voce.
- Non capisco di cosa stai parlando, mi sono ritrovata in questo posto dopo essere caduta in una specie di portale. Io voglio solo tornare a casa mia, puoi darmi una mano? - cercai di spiegare.
Per qualche istante la voce esitò a rispondere. - Tu non sei di Samat, dunque?
- Se solo sapessi che cos'è Samat - feci ormai stanca di quei giri di parole.
- Samat è la città in cui ti trovi. Tu sei viva, vero? - chiese ancora la voce.
- Non per molto se non mi darai una mano - Mi appoggiai alla porta, stavo perdendo forze e speranza.
- Oh, che meraviglioso miracolo. Forse tu potrai aiutarci - disse la voce.
- Aiutar...? Ehi, sono io quella che ha bisogno di aiuto - replicai. Era incredibile, stava rigirando il discorso in suo favore, in più non riuscivo a capire se stesse mentendo oppure no.
- Se aiuti noi aiuterai te stessa - commentò la voce.
- Comodo visto che da quello che ho capito dovrò fare io tutto il stramaledetto lavoro - sbottai calciando una ringhiera arrugginita che finì a terra con un rumore metallico.
- È l'unico modo per poterci liberare - continuò.
Era un azzardo, non conoscevo la persona che mi stava parlando e il fatto che il suono che quella voce aveva fosse inquietante non aiutava per niente, ma era la mia unica possibilità.
- D'accordo! - sussurrai.
- Sì? - chiese conferma la voce.
- Ho detto che vi aiuterò - urlai scocciata.
- Ti ringrazio - fece la voce commossa. - Vedi quel riverbero rosso attorno alla luna? Quella è una barriera che ci tiene intrappolati qui. Se riesci a distruggerla noi potremmo finalmente essere... liberi.
- E io potrei tornare a casa? - chiesi.
- Forse - rispose pragmatica la voce.
- Cazzo, non è molto su cui lavorare e le aspettative sono davvero pessime. Per non parlare del fatto che con quel “forse” non sei per niente convincente - gli dissi scoraggiata.
- A Samat ci sono pochissime cose per la quale gioire - commentò ancora la voce.
- Lo vedo. D'accordo, se ne avrò la possibilità cercherò di aiutarvi. - risposi.
- Ti ringrazio a nome di tutti. Che lo spirito di Ghet'heren ti guidi - disse la voce. Pi la luce si spense e tornò il silenzio tetro della città fantasma.
- No, no, no. Non andartene, cazzo! - urlai colpendo la porta con tutta la forza che possedevo. Cercai seriamente di abbattere l'entrata dell'abitazione ma non ci riuscii, era come se fosse inamovibile. Provai con una finestra ma sortì lo stesso risultato della porta.





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giovedì 6 settembre 2018

Episodio 1

Tutti credono che l'estinzione sia un evento catastrofico, sciagurato e apocalittico.
In realtà è una fase essenziale all'evoluzione per progredire, un immenso prezzo da pagare per resettare gli errori commessi e ricominciare da capo.
Dico questo perché ho assistito all'estinzione di un intero mondo che io stessa ho provocato.
Mi chiamo Tiffany Sanders e questa è l'avventura che ho vissuto all'inferno.
Mentre cadevo nel vuoto pensavo fosse finita, avevo infranto per l'ennesima volta la promessa fatta a Evaline. Era incredibile ma tutto quello che riuscivo a pensare in quel momento era proprio il fatto di averla delusa di nuovo.
Cadevo con gli occhi chiusi aspettando l'istante in cui avrei impattato col suolo e che avrebbe posto fine alla mia vita, ma non andò così. Quello che sentii fu l'impatto con l'acqua. Lo sbalzo di temperatura mi fece riaprire gli occhi, il liquido che mi circondava era di colore rosso trasparente.
Con un paio di bracciate riemersi e inalai più aria possibile. Mi osservai attorno per individuare una possibile riva e per mia fortuna ne intravidi una a pochi centinaia di metri.
Cominciai a nuotare, ma il dolore dell'impatto con l'acqua si fece sentire quasi subito e faticai moltissimo a raggiungere la costa. Quando riuscii a calpestare il suolo della spiaggia di sassi mi lasciai cadere sfinita.
Mi girai supina a guardare il cielo di colore rosso, le nuvole e la luna erano dello stesso colore. La luna, in particolare, era strana, non aveva la classica immagine del volto che ti osservava dall'alto, era puntellata da alcuni crateri ed era più grande del normale.
Scommetto che non sono più sulla Terra, o forse nemmeno nel mio universo, pensai scoraggiata.
Presi un bel respiro per calmare la voglia di disperarmi e mi alzai a sedere percependo l'aria fredda. Osservai meglio il paesaggio, davanti a me una grande distesa d'acqua e dietro di me una città con edifici in stile settecentesco.
Non si vedevano luci accese da quella posizione. La gente sarà a letto ormai, cercai di convincermi anche se intuivo che qualcosa non andava in quel posto.
Mi alzai in piedi, il vestito elegante che portavo era irrimediabilmente rovinato e camminare con i tacchi sui sassi non era il massimo. Mi tolsi le scarpe e mi incamminai verso la città sperando di trovare qualcuno che mi aiutasse a tornare a casa.
Vagai per un po' tra strade piene di detriti, carri in legno rovesciati e distrutti, statue ammuffite e piene di rampicanti. La maggior parte delle case erano buie o diroccate mentre in altre si intravvedeva una debole luce dalle finestre. Il tutto era reso più tetro dall'illuminazione rossa dell'atmosfera di quel mondo. Sembrava una città sotto il bombardamento di qualche nazione.
Merda, stavolta ho fatto un bel casino, pensai sempre più scoraggiata.
Girai in una stradina laterale, scavalcai un cumulo di macerie e uscii dal vicolo ritrovandomi in una strada principale. Davanti a me c'erano due persone girate di spalle. Finalmente un segno di vita, esultai nella mia testa.
Con cautela mi avvicinai per chiedere informazioni su quel posto, ma quando le due figure si girarono capii che non erano persone. Assomigliavano a cadaveri umani, avevano occhi frenetici e inquietanti, denti marciti e grondanti di saliva. La pelle grigia aveva la consistenza del cuoio e le unghie affilate e aguzze. Indossavano armature arrugginite in disfacimento e in mano asce scheggiate da innumerevoli battaglie.
- Salve, vengo in pace... - provai a dire, speravo di poter comunicare in qualche modo.
Le creature non risposero. Erano diversi dagli zombie affrontati pochi minuti prima, erano dei veri e propri mostri creati per essere implacabili e spietati. Lo percepivo dai loro sguardi vuoti e assetati di sangue.
Presa dal panico indietreggiai lentamente. - Scusate, non volevo... io... - dissi prima di girarmi e cominciare a correre.
Le due creature fecero uno stridio innaturale e cominciarono a rincorrermi. Senza pensarci due volte aumentai la velocità cambiando in continuazione la direzione per seminare i miei inseguitori. Infine, esausta, mi arrampicai su uno degli edifici diroccati e mi nascosi in un cantuccio.
Aspettai che le creature passassero oltre e che si calmassero le acque, poi uscii per cercare un riparo più sicuro. L'abilità di percepire la forza vitale mi fu molto utile in quel momento per sorvegliare le loro azioni senza dover uscire allo scoperto.
Tremavo per il freddo e perché ero sconvolta. Non potevo credere che esistesse un posto come quello eppure c'ero finita proprio in mezzo. Quello che volevo era tornare dalla mia Evaline e chiederle di sposarmi, come avevo programmato da una settimana.
Il problema era come fare per tornare a casa. Non sapevo aprire portali magici e senza qualcuno che sapesse farlo non avrei avuto speranze.
E c'era anche un'altra questione. Non sapevo dove fosse finito Emris nonostante fossimo caduti insieme e sulla spiaggia o in acqua non avevo visto nessuno.
Meglio per lui se è annegato, pensai furiosa.
In realtà ero tremendamente terrorizzata all'idea di non poter più tornare a New Orleans.

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