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martedì 11 settembre 2018

Episodio 2


Sgusciai fuori dal mio nascondiglio e continuai a vagare cercando di trovare qualcuno ce potesse aiutarmi o almeno qualcuno che non tentasse di mangiarmi il cervello.
Mi infilai in una stradina notando una figura attraverso una finestra accesa di una casa. Scesi delle scale diroccate e pericolanti avvicinandomi all'abitazione.
Andai alla porta e provai a bussare. - C'è qualcuno? Se ci siete, per favore, aprite - implorai esausta.
Dopo qualche minuto di tentativi una strana voce dal suono distante mi rispose: - Vattene!
Esultai nel sentire che parlava la mia lingua. - Ti prego, non so dove andare e sono così stanca.
- Mi dispiace, non posso aprire - mi rispose la voce.
- Allora dimmi chi può, ci sarà qualcuno che mi possa aiutare? - chiesi.
- Nessuno può. - rispose la voce con uno strano tono rassegnato.
- In che senso “nessuno può”? - Ero davvero stanca e nervosa, l'ultima cosa che volevo sentire erano gli indovinelli.
- Samath è morta. Ghet'haran è morto. Il Maestro comanda ciò che rimane. Ma cos'è rimasto se non un'illusione? - continuò a delirare la voce.
- Samath? Ghet'haren? E chi è questo Maestro? - cercai di chiederle.
- Come? - chiese la voce.
- Non capisco di cosa stai parlando, mi sono ritrovata in questo posto dopo essere caduta in una specie di portale. Io voglio solo tornare a casa mia, puoi darmi una mano? - cercai di spiegare.
Per qualche istante la voce esitò a rispondere. - Tu non sei di Samat, dunque?
- Se solo sapessi che cos'è Samat - feci ormai stanca di quei giri di parole.
- Samat è la città in cui ti trovi. Tu sei viva, vero? - chiese ancora la voce.
- Non per molto se non mi darai una mano - Mi appoggiai alla porta, stavo perdendo forze e speranza.
- Oh, che meraviglioso miracolo. Forse tu potrai aiutarci - disse la voce.
- Aiutar...? Ehi, sono io quella che ha bisogno di aiuto - replicai. Era incredibile, stava rigirando il discorso in suo favore, in più non riuscivo a capire se stesse mentendo oppure no.
- Se aiuti noi aiuterai te stessa - commentò la voce.
- Comodo visto che da quello che ho capito dovrò fare io tutto il stramaledetto lavoro - sbottai calciando una ringhiera arrugginita che finì a terra con un rumore metallico.
- È l'unico modo per poterci liberare - continuò.
Era un azzardo, non conoscevo la persona che mi stava parlando e il fatto che il suono che quella voce aveva fosse inquietante non aiutava per niente, ma era la mia unica possibilità.
- D'accordo! - sussurrai.
- Sì? - chiese conferma la voce.
- Ho detto che vi aiuterò - urlai scocciata.
- Ti ringrazio - fece la voce commossa. - Vedi quel riverbero rosso attorno alla luna? Quella è una barriera che ci tiene intrappolati qui. Se riesci a distruggerla noi potremmo finalmente essere... liberi.
- E io potrei tornare a casa? - chiesi.
- Forse - rispose pragmatica la voce.
- Cazzo, non è molto su cui lavorare e le aspettative sono davvero pessime. Per non parlare del fatto che con quel “forse” non sei per niente convincente - gli dissi scoraggiata.
- A Samat ci sono pochissime cose per la quale gioire - commentò ancora la voce.
- Lo vedo. D'accordo, se ne avrò la possibilità cercherò di aiutarvi. - risposi.
- Ti ringrazio a nome di tutti. Che lo spirito di Ghet'heren ti guidi - disse la voce. Pi la luce si spense e tornò il silenzio tetro della città fantasma.
- No, no, no. Non andartene, cazzo! - urlai colpendo la porta con tutta la forza che possedevo. Cercai seriamente di abbattere l'entrata dell'abitazione ma non ci riuscii, era come se fosse inamovibile. Provai con una finestra ma sortì lo stesso risultato della porta.





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