In
realtà è una fase essenziale all'evoluzione per progredire, un
immenso prezzo da pagare per resettare gli errori commessi e
ricominciare da capo.
Dico
questo perché ho assistito all'estinzione di un intero mondo che io
stessa ho provocato.
Mi
chiamo Tiffany Sanders e questa è l'avventura che ho vissuto
all'inferno.
Mentre
cadevo nel vuoto pensavo fosse finita, avevo infranto per l'ennesima
volta la promessa fatta a Evaline. Era incredibile ma tutto quello
che riuscivo a pensare in quel momento era proprio il fatto di averla
delusa di nuovo.
Cadevo
con gli occhi chiusi aspettando l'istante in cui avrei impattato col
suolo e che avrebbe posto fine alla mia vita, ma non andò così.
Quello che sentii fu l'impatto con l'acqua. Lo sbalzo di temperatura
mi fece riaprire gli occhi, il liquido che mi circondava era di
colore rosso trasparente.
Con
un paio di bracciate riemersi e inalai più aria possibile. Mi
osservai attorno per individuare una possibile riva e per mia fortuna
ne intravidi una a pochi centinaia di metri.
Cominciai
a nuotare, ma il dolore dell'impatto con l'acqua si fece sentire
quasi subito e faticai moltissimo a raggiungere la costa. Quando
riuscii a calpestare il suolo della spiaggia di sassi mi lasciai
cadere sfinita.
Mi
girai supina a guardare il cielo di colore rosso, le nuvole e la luna
erano dello stesso colore. La luna, in particolare, era strana, non
aveva la classica immagine del volto che ti osservava dall'alto, era
puntellata da alcuni crateri ed era più grande del normale.
Scommetto
che non sono più sulla Terra, o forse nemmeno nel mio universo,
pensai scoraggiata.
Presi
un bel respiro per calmare la voglia di disperarmi e mi alzai a
sedere percependo l'aria fredda. Osservai meglio il paesaggio,
davanti a me una grande distesa d'acqua e dietro di me una città con
edifici in stile settecentesco.
Non
si vedevano luci accese da quella posizione. La gente sarà a
letto ormai, cercai di convincermi anche se intuivo che qualcosa
non andava in quel posto.
Mi
alzai in piedi, il vestito elegante che portavo era irrimediabilmente
rovinato e camminare con i tacchi sui sassi non era il massimo. Mi
tolsi le scarpe e mi incamminai verso la città sperando di trovare
qualcuno che mi aiutasse a tornare a casa.
Vagai
per un po' tra strade piene di detriti, carri in legno rovesciati e
distrutti, statue ammuffite e piene di rampicanti. La maggior parte
delle case erano buie o diroccate mentre in altre si intravvedeva una
debole luce dalle finestre. Il tutto era reso più tetro
dall'illuminazione rossa dell'atmosfera di quel mondo. Sembrava una
città sotto il bombardamento di qualche nazione.
Merda,
stavolta ho fatto un bel casino, pensai sempre più scoraggiata.
Girai
in una stradina laterale, scavalcai un cumulo di macerie e uscii dal
vicolo ritrovandomi in una strada principale. Davanti a me c'erano
due persone girate di spalle. Finalmente un segno di vita,
esultai nella mia testa.
Con
cautela mi avvicinai per chiedere informazioni su quel posto, ma
quando le due figure si girarono capii che non erano persone.
Assomigliavano a cadaveri umani, avevano occhi frenetici e
inquietanti, denti marciti e grondanti di saliva. La pelle grigia
aveva la consistenza del cuoio e le unghie affilate e aguzze.
Indossavano armature arrugginite in disfacimento e in mano asce
scheggiate da innumerevoli battaglie.
-
Salve, vengo in pace... - provai a dire, speravo di poter comunicare
in qualche modo.
Le
creature non risposero. Erano diversi dagli zombie affrontati pochi
minuti prima, erano dei veri e propri mostri creati per essere
implacabili e spietati. Lo percepivo dai loro sguardi vuoti e
assetati di sangue.
Presa
dal panico indietreggiai lentamente. - Scusate, non volevo... io... -
dissi prima di girarmi e cominciare a correre.
Le
due creature fecero uno stridio innaturale e cominciarono a
rincorrermi. Senza pensarci due volte aumentai la velocità cambiando
in continuazione la direzione per seminare i miei inseguitori.
Infine, esausta, mi arrampicai su uno degli edifici diroccati e mi
nascosi in un cantuccio.
Aspettai
che le creature passassero oltre e che si calmassero le acque, poi
uscii per cercare un riparo più sicuro. L'abilità di percepire la
forza vitale mi fu molto utile in quel momento per sorvegliare le
loro azioni senza dover uscire allo scoperto.
Tremavo
per il freddo e perché ero sconvolta. Non potevo credere che
esistesse un posto come quello eppure c'ero finita proprio in mezzo.
Quello che volevo era tornare dalla mia Evaline e chiederle di
sposarmi, come avevo programmato da una settimana.
Il
problema era come fare per tornare a casa. Non sapevo aprire portali
magici e senza qualcuno che sapesse farlo non avrei avuto speranze.
E
c'era anche un'altra questione. Non sapevo dove fosse finito Emris
nonostante fossimo caduti insieme e sulla spiaggia o in acqua non
avevo visto nessuno.
Meglio
per lui se è annegato, pensai furiosa.
In
realtà ero tremendamente terrorizzata all'idea di non poter più
tornare a New Orleans.
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