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mercoledì 27 giugno 2018

[Spinoff] Episodio 43


Una volta tornata a casa cercai la notizia che stavo aspettando da giorni.
Prima dell'arrivo di Warren, Alan e Amita per consegnarmi gli scatoloni avevo fatto ricerche per rintracciare i quattro maestri che avevano tradito lo zio Mei e che avevo lasciato vivere. Sapevo che sarebbero sopravvissuti perché quando me ne ero andata dalla biblioteca stavano già scappando.
Il problema era che sembrava come se fossero spariti nel nulla. E trovare un obbiettivo in fuga in una città come New Orleans era come cercare un ago in un mucchio di aghi. Era frustrante, non avevo più quel genio mostruoso di Alan ad aiutarmi e non avevo contatti da utilizzare per trovare informazioni utili. Chiedere ai Cani da Guardia era escluso, non potevo più coinvolgerli nei miei casini e nelle mie nuove fissazioni.
Un giorno, però, avevo visto al telegiornale un notiziario sull'ex agente corrotto Vertans, diceva che sarebbe stato rilasciato agli arresti domiciliari. Cosa molto insolita visto che era al centro di quello scandalo quindi decisi di trovare più informazioni.
Il pomeriggio ero già in viaggio per raggiungere la nuova residenza di Vertans, un appartamento in una palazzina con vista sul Mississippi. Io mi posizionai su un palazzo abbastanza alto e lontano per darmi il tempo di fuggire. Quando osservai la situazione col mirino vidi due federali che gli facevano da scorta.
- Adesso ho capito, piccolo bastardo eunuco, ti sei venduto allF.B.I. Sei furbo, ma non abbastanza - dissi regolando il mirino del mio Barret calibro 50.
Attesi finché non si avvicinò alla finestra del bagno per pisciare, trattenni il respiro e premetti il grilletto. Sulla finestra schizzò un quantitativo di sangue considerevole mista a pezzi di cervello.
Centro perfetto, esultai compiaciuta.
Con calma raccolsi il bossolo e smontai il fucile per poi scendere dal palazzo dalle scale di sicurezza e raggiunsi la moto per andarmene come se non fosse successo nulla.
Durante il tragitto mi imbattei nel cimitero dove fu sepolto lo zio Mei, mi fermai e scesi dalla moto.
Dopo la sfuriata fatta al funerale non avevo mai visitato la sua tomba, non mi sembrava rispettoso ed era troppo doloroso. Rimasi impalata per qualche minuto, mi tremavano le gambe e non riuscivo ad avanzare.
Una donna mi toccò la spalla facendomi trasalire. - Salve - mi fece con un sorriso. Era sulla cinquantina e aveva in mano dei fiori secchi.
- S... salve - balbettai.
Anche lei è qui per rendere omaggio a un suo caro? - mi chiese.
- Non esattamente - risposi.
La donna mi guardò attentamente. - Oh, capisco. È una di quelle persone...
- Quali persone? - Per un istante credetti che stesse parlando di streghe e cominciai a sudare freddo.
- Quelle persone che credono che parlare a una lapide sia inutile - mi rispose la donna.
A quella risposta mi rilassai. - Non lo è? Insomma, quello che c'è dentro sono solo carne in putrefazione, senza una coscienza o un'anima.
- Sì, hai ragione. - rispose la donna con un lungo sospiro. - Ma alla tua teoria manca una parte fondamentale.
- E quale? - chiesi anche se stavo per mettermi a ridere.
- Sei tu, mia cara. Ai defunti puoi dire quello che senti, cosa volevi davvero da loro, dire tutto ciò che vuoi. Tanto loro hanno l'abitudine di ascoltare senza mai giudicare - mi sorrise.
Pensavo mi stesse per dire qualche stronzata su Dio o sul fatto che loro erano in pace, invece mi spiazzò del tutto.
La donna mi accarezzò il braccio, mi salutò e se ne andò per la sua strada.
Percorsi i vari viottoli tra lapidi e tumuli famigliari. Ripensai alla sera che ero arrivata a soccorrere Evaline ridotta emotivamente a uno straccio, a come mi avesse detto della morte dello zio Mei e del coraggio che aveva avuto nel volermelo dire di persona.
Sono proprio stata una stronza con lei, pensai mentre raggiungevo la lapide di Mei.
Era una lapide molto semplice, rettangolare e bianca, accanto a quella di sua moglie Akemi Umezawa. In entrambi i vasi per i fiori c'erano dei mazzi di fiore di luna.
Feci un passo in avanti e mi sistemai il giubbotto in pelle. - Ehm, ciao zietto, come va?
Mi guardai attorno ma non c'era nessuno per fortuna, non volevo che qualcuno mi vedesse mentre parlavo a una lapide come una pazza.
- Che stronzata! - sbottai. - Tu sei morto. Come sono morti tua moglie e i miei genitori, e nessuno ti porterà indietro da me. Sono l'ultima della grande famiglia Umezawa. Mi avevi detto che la mia discendenza era importante, che era destinata a cambiare il mondo. Fin'ora è stato fatto proprio un bel lavoro, cazzo. Oh, sì, ho ammazzato un mucchio di gente per vendicarti, l'ultimo proprio pochi minuti fa. Mi mancano solo quattro piccoli traditori e i tre amici di quella Melinda. Non conoscevi Melinda? Te lo dico io chi era la stronza, la fottuta sorella di un Santone.
Mi fermai per prendere fiato e continuai. - Scommetto che non sei per niente fiero di me, vero? Beh, sai che ti dico? Chi se ne frega. Prova a metterti nei miei panni, l'ultimo famigliare che ti resta more combattendo, trucidato da gente senza scrupoli che fa esperimenti sulle streghe e rapisce bambini. Tu cosa avresti fatto? Conoscendoti, molto peggio. Ma non ho fatto solo cose cattive. Ho anche aiutato tre ragazzi a sopravvivere a questo mondo, ho liberato la Coalizione del Bayou da un tiranno, ho scoperto la corruzione nelle istituzioni della città e distrutto un intero cartello di trafficanti. - Sentii che non riuscivo più a trattenermi e le lacrime cominciarono a bagnarmi le guance.
Mi asciugai e presi un altro bel respiro. - La... la verità è che sono arrabbiata con te e mi manchi ogni singolo giorno perché mi hai raccolta dalla strada e ti sei preso cura di me. Ti voglio bene zio Mei.
Mi appoggiai a un tumulo e mi accasciai a terra scoppiando a piangere. Un pianto liberatorio che tenevo dentro da troppo tempo. Ogni lacrima che scendeva era un peso che se ne andava, anche se solo per poco.
Dopo alcuni minuti alzai lo sguardo al cielo per riprendere il controllo quando notai un enorme colonna di fumo nero in direzione sud.
Belle Chease. Alan, Warren, pensai terrorizzata.
Mi rialzai e corsi alla moto. Nathan James aveva detto che i ragazzi sarebbero stati al sicuro con una scorta al garage. Andai a controllare e senza farmi vedere confermai che il Capitano era stato di parola, Alan e Warren stavano bene e davano ordini alle loro scorte come se fossero loro a comandare.
Sorrisi e mandai un messaggio con tanto di video ad Amita per rassicurarla. Lei rispose con una faccina che rideva a crepapelle segno che anche lei stava bene.
Tornai a casa e accesi la televisione e il pc e cercai informazioni sull'attacco, ma non trovai nulla tranne delle ridicole ipotesi su l'esplosione di un serbatoio del porto di Belle Chease. A sera tardi mi arresi e stremata mi gettai sul divano e mi addormentai.
Il giorno dopo mi svegliai con il telefono che squillava. Controllai il display: Evaline.
Ripensai allo zio Mei quando mi aveva visto la prima volta, in mezzo a un mucchio di spazzatura, a piangere credendo che fosse la mia fine e alla prima cosa che mi disse: - Ragazzina, è finita quando è finita. E non è ancora finita.
Mi misi a ridere e risposi alla chiamata della mia sacerdotessa e sorella che ammiravo tanto.

mercoledì 20 giugno 2018

[Spinoff] Episodio 42


Quando entrai in casa e chiusi la porta dietro di me, notai Amita immobile davanti agli scatoloni. Poi si girò rivelando un volto rigato dalle lacrime. Le andai vicino per abbracciarla.
- Mi mancano e non voglio separarmi da loro - singhiozzò.
- Lo so. Lo so. Ma loro non possono vivere dove vivrai tu. Sarebbe un punto debole che non ti potrai permettere. E poi saranno più al sicuro che per strada - le accarezzai la schiena e la testa per consolarla.
L'accompagnai sul divano e la lasciai sfogare tutta la tensione che stava provando. Era comprensibile, era tornata ad essere sola e aveva paura.
Una volta finito le passai u fazzoletto di carta. - Va meglio? - le chiesi.
Amita rise nervosa. - Sì, anche se con gli occhi gonfi sarò più brutta del solito.
- Ma cosa dici? Sei bellissima - sbottai.
Lei mi guardò storta. - Scherzi? Ma mi hai vista bene? Ho un culo che sembra quello di una mongolfiera e cellulite ovunque per colpa dei dieci chili in più che non riesco a smaltire. Tu invece sei perfetta, letteralmente.
- Ah, sì? Sai cos'ho passato per avere un fisico del genere? L'inferno. L'addestramento nei Navy Seal non è proprio una cazzata, sai? E poi scommetto che Den non si è mai lamentato dei tuoi rotolini di ciccia. - L'ultima frase cercai di essere il più gentile possibile, cosa che funzionò visto che fece un sorriso dolce. - Credimi, meglio avere dieci chili in più. -
Lei mi abbracciò di nuovo. - Grazie. Quindi... sei stata una Navy Seal. Interessante.
- In realtà me ne sono andata poco prima di avviare la mia carriera militare. Volevo imparare più tecniche di infiltrazione e combattimento possibili per poi diventare una ladra. Ironico che mi siano servite per una vendetta personale - le risposi.
- Quindi ora tornerai a essere una ladra? - mi chiese a pochi centimetri dal mio viso.
- No... non posso più... - cercai di rispondere.
Improvvisamente ci lasciammo abbandonare allo strano legame che provavamo l'una per l'altra. Non provavo eccitazione o desiderio, era come essere nel dormiveglia e poi cominciare a sognare. Ci baciammo e accarezzammo finché Amita non si staccò.
- Oddio! Scusa. Non so che mi è preso - si mise una mano sulla bocca.
- Tranquilla, anche per me è stato strano - le risposi.
- Ma perché ci succede questo? - mi chiese confusa.
- Non lo so. Ho provato una sensazione simile le prime volte che ero vicina a Evaline perché lei possiede i poteri di un Guardiano. Ma questo ha qualcosa di diverso, in qualche modo non sembrava una forzatura - cercai di capire, senza risultato.
- Quindi si possono forzare i sentimenti di una persona? - chiese confusa.
- Più il desiderio sessuale. Ma con te è stato diverso - ripetei per essere chiara.
- Credo di capire. Era più profondo, più intimo. Quasi ancestrale - rispose.
- Sì, esatto. Se poi calcoli che in genere non provo attrazione per le donne... - dissi.
- Nemmeno io sono gay - ribatté Amita con lo sguardo verso il vuoto.
Sapevo che stava per crollare dal sonno perché anch'io mi sentivo esausta. Decidemmo di dormire assieme sul divano, io non riuscivo a fare un passo e lei non riusciva a tenere gli occhi aperti. Quella fu la prima volta che riuscii a dormire assieme a un'amica senza volere nulla in cambio, e la sensazione mi piaceva, mi rendeva tranquilla.
Il giorno dopo ci svegliammo presto e partimmo per raggiungere l'isola della Coalizione del Bayou. Quando arrivammo la gente ci accolse gentilmente e ci accompagnò dai loro anziani.
Io e Amita entrammo nella tenda più grande posizionata al centro dell'isola. L'interno era pieno di artefatti, stoffe e tappeti. Alcune lampade a olio spente erano appese a dei bastoni lungo tutto il diametro della tenda.
Ma quello che mi fece più impressione fu l'enorme muro lungo dieci metri e alto cinque con incise parole che non riuscivo a identificare posizionato al centro della tenda. Al centro di esso c'era un a specie di porta alta all'incirca tre metri e larga due e mezzo. All'interno un altro strato di muro bloccava la possibilità di vedere attraverso della parete
Sotto a questo strano edificio incompleto c'erano tre gradini dove erano seduti quattro anziani. Ognuno aveva una toga di colore diverso: l'anziano che avevo salvato aveva quella marrone chiaro, mentre gli altri avevano le toghe di color verde, porpora e rossa.
- Eccoti, finalmente, Kaileena Mine - mi salutò l'anziano che avevo salvato.
- Vedo che stai meglio - lo salutai con un leggero inchino.
L'anziano con la toga verde guardò Amita. - E quella chi è?
- È evidente che non fa parte della nostra discendenza - sbottò quello con la toga color porpora.
- Concordo, non è nemmeno americana - fece quello con la toga rossa.
Mi schiarii la voce per prendere la parola. - Per prima cosa volevo dire che voi due siete dei razzisti, che schifo - indicai l'anziano porpora e l'anziano rosso. - Poi volevo informarvi che lei è la nipote di Samari.
- Impossibile. Quella famiglia si è estinta a causa di un incidente aereo. Ho posizionato io stesso la bomba sotto coercizione del precedete Reggente - fece l'anziano verde.
Guardai Amita per capire come potesse stare a quell'affermazione, ma sembrava tranquilla.
Lei si fece avanti e prese la parola. - Prima di partire mi ammalai e mi lasciarono a casa dai parenti di mio padre, che poi mi fecero da tutori fino alla loro morte.
- Questa è una menzogna, non sacrificherò la mia vita per un'estranea qualsiasi - sbottò l'anziano porpora.
- Mentire? Non credo sia possibile per una strega senza essere scoperta da altre cinque streghe. Senti per caso che stia mentendo, o che entrambe stiano mentendo? - chiese l'anziano marrone.
Tutti e tre rimasero in silenzio. Io, invece, sorrisi soddisfatta, dopo un'affermazione del genere chiunque sarebbe stato zitto per non fare figure di merda.
Poi ripensai a quello che aveva affermato l'anziano porpora. - Aspettate un attimo. Lui ha appena detto “sacrificare la vita”? - chiesi.
L'anziano marrone sospirò. - Sì, per concedere il potere delle congreghe della Coalizione del Bayou alla futura Reggente serve il sacrificio dei quattro esponenti più anziani. Una volta il rituale era più brutale, i contendenti combattevano fino alla morte e il vincitore diventava il Reggente. Fortunatamente, Samari decise di cambiare questa assurda tradizione e decretò che solo gli anziani volontari potevano concedere il loro potere e la loro vita al nuovo Reggente.
Come un passaggio di testimone, ma perché ti sei offerto? - gli chiesi.
- Perché io sto morendo. Andare contro il volere del Reggente significa far esaurire la propria forza vitale. Quindi ho deciso di donare i miei poteri al nuovo Reggente, se fossi sopravvissuto abbastanza a lungo - rispose l'anziano marrone.
- Quindi non ti ho salvato... - dissi a malincuore.
- No. Ma hai salvato tutti gli altri. Ti ringrazio - mi fece un inchino l'anziano marrone. Io ricambiai anche se ero delusa di me stessa.
- Bene, quindi è deciso? - chiese l'anziano verde.
- Sì, è deciso! - rispose l'anziano marrone.
L'anziano porpora non proferì parola mentre l'anziano rosso si limitò a dire: - Molto bene.
Io alzai la mano per attirare di nuovo l'attenzione. - Avrei una piccola obbiezione.
L'anziano porpora si mise una mano sulle tempie. - Che cosa c'è ancora?
- So che non potete eliminare quell'assurdo patto dal rito, ma potete modificarlo, giusto? - chiesi.
Tutti e quattro gli anziani rimasero in ascolto. - Continua - mi fece l'anziano rosso.
Guardai Amita, sembrava un cucciolo che entra per la prima volta nella sua nuova casa con persone estranee. Non volevo che si caricasse di un onere come quello di comandare a bacchetta ogni persona collegata alla Coalizione.
- La mia idea era che al posto di far “regnare” qualcuno, perché non creare una specie di carica che cerchi di risolvere le faccende interne della Coalizione del Bayou? Così vi eviterà di perdere il libero arbitrio - proposi.
Gli anziani rimasero a bocca aperta. “Ecco, ho detto una stronzata, pensai. Poi si avvicinarono l'uno all'altro e cominciarono a borbottare qualcosa e infine tornarono a guardarmi seri.
- È un'ottima idea Kaileena Mine. E abbiamo già in mente un modo per farlo funzionare nel rito. A quanto pare ci hai salvato, non una, ma ben tre volte. La nostra gente sarà in debito con te e la tua congrega a vita - sorrise l'anziano marrone.
- Per così poco - gli feci l'occhiolino.
Mi girai verso Amita, era visibilmente spaventata. L'abbracciai per l'ennesima volta. - Tranquilla, te la caverai. Sono persone per bene. E se avrai bisogno di aiuto sappi che fai parte della mia congrega, quindi ti basterà solo chiedere.
Amita mi guardò imbarazzata e con gli occhi lucidi dalla commozione. - Faccio parte della tua congrega?
- Nel mio gruppo non serve fare riti o iniziazioni, siamo Anime Solitarie. Perciò sì, fai parte della nostra congrega e guai a chi il contrario - le risposi dandole un bacio sulla fronte.
L'anziano verde batté le mani. - Bene, abbiamo fino a domani sera per i preparativi. E tu futuro, Patto della Coalizione Vivente, hai molto da imparare prima di allora.
- Patto della Coalizione Vivente? Non male - dissi impressionata.
- Grazie - rispose l'anziano verde.
Salutai Amita con un ultimo bacio sulla guancia e tornai a casa. Avevo lasciato l'ultima piccola faccenda in sospeso come ciliegina sulla torta.

mercoledì 13 giugno 2018

[Spinoff] Episodio 41


Quando tornai dagli altri raccontai tutto che rimasero a aperta. All'inizio non mi avevano creduto, poi, vedendo le riprese delle telecamere scovate nel dark web, si resero conto che era tutto vero. Anch'io avrei dubitato se non l'avessi visto con i miei occhi.
Amita si lasciò cadere su una sedia. - Cazzo, Kaileena. Questa storia è dura da digerire. Insomma, altri mondi?
- Non è poi così incredibile. Nella nostra galassia ci sono miliardi di stelle con i propri pianeti e nell'universo ci sono miliardi di galassie. Le probabilità che esistano altri mondi abitabili per gli esseri umani è altissima - Alan aveva cercato di dare una spiegazione razionale.
- Cazzo... non prenderò mai più per il culo quelli che credono agli alieni - scrollò la testa Warren.
- Lo so. È assurdo, perfino io stento a crederci... - Ero ancora sconvolta per ciò che era successo.
- E adesso che facciamo? - chiese Amita.
Warren andò fino al frigorifero, prese quattro birre, le stappò tutte e ne diede una a ognuno di noi. - Si festeggia. Abbiamo fatto fuori chi ci ha rovinato la vita e sistemato una stronza sadica assieme alla sua organizzazione. - Alzò la sua bottiglia in alto per fare un brindisi.
- Abbiamo salvato molte persone - disse Amita alzando la bottiglia.
- Abbiamo vendicato mio zio Mei e la nonna di Amita - replicai il loro gesto.
- Abbiamo reso giustizia a Den - E anche Alan alzo la sua bottiglia.
Io e Warren ci girammo in silenzio verso Amita che aveva lo sguardo triste. Poi lei avvicinò la bottiglia a quella di Alan facendole tintinnare, io e Warren imitammo il gesto e insieme bevemmo un sorso di birra fredda.
Dopo questo “festeggiamento” tornai a casa per riprendere le forze e guarire dalle ferite.
Passarono alcuni giorni da quando avevamo brindato alla vittoria amara che avevamo ottenuto. Li avevo passati nel vano tentativo di trovare le parole per spiegare ai ragazzi che per sopravvivere dovevano dividersi. Ero depressa e costantemente stanca oltre che malconcia, non avevo voglia di fare niente tranne fissare la televisione in continuazione.
Quella sera, però, suonò il campanello. La prossima volta lo disattivo, dissi mentre con un enorme sforzo e dolori ovunque andai a vedere chi fosse.
Guardai dallo spioncino e sorrisi quando riconobbi i visi: Alan, Amita e Warren non in mano degli scatoloni.
Aprii la porta. - Che ci fate qui? - chiesi ad Amita.
Warren la sorpassò e rispose: - Portiamo il bottino di guerra.
- Bottino? - continuai a non capire.
- Le streghe cercano sempre di ampliare la loro conoscenza, quindi abbiamo deciso di recuperare tutti i libri della biblioteca del forte. Almeno quelli che sono stati risparmiati dal fuoco. - rispose Alan mentre appoggiava il secondo scatolone.
Warren tornò fuori e si diresse verso un camion che prima non avevo notato. Poi mi passò accanto anche Alan che disse: - Amita mi ha baciato sulla bocca. - E raggiunse anche lui il mezzo.
- Buon per te... ma ci voleva un camion da trasloco per portare qualche libro? - chiesi ancora più confusa.
- Non qualche, centinaia e centinaia di libri - Si avvicinò Amita sorridendo. - Con qualche libreria antica in ottime condizioni - mi fece l'occhiolino.
Altro lavoro pesante, pensai rassegnata. Dopo alcuni minuti di indecisione cominciai ad aiutare i ragazzi a scaricare la merce. Una volta finito ordinammo la pizza assieme a ridere, scherzare e parlare del più e del meno finché Alan e Warren non si addormentarono tra gli scatoloni.
Amita mi raggiunse sul divano. - Quindi, adesso cosa facciamo?
- Dormiamo. Sai devo ancora recuperare le forze dall'ultima battaglia - le sorrisi.
Lei rimase seria. - Non intendevo quello...
Sapevo a cosa si stesse riferendo e sapevo che quel momento sarebbe arrivato prima o poi. Presi un profondo respiro. - I ragazzi andranno con gente che se ne prenderà cura, gli Inquisitori di questa zona.
- E io? - mi chiese guardandomi negli occhi. Era strano ma sentivo una forte attrazione per quella ragazza, qualcosa di artificiale.
- Tu... dovrai diventare la nuova Reggente della Coalizione del Bayou. È l'unico modo per toglierti quel potere che detesti tanto - le risposi distogliendo lo sguardo.
- Sembra che tu ci abbia pensato a lungo... - Amita non sembrava così entusiasta. - E tu?
- Devo finire un piccolo lavoro poi tornerò nella mia congrega, se ancora mi vorranno - le risposi.
Amita mi accarezzò delicatamente i capelli. - Come potrebbero non volerti, sei una persona meravigliosa.
- A parte il fatto che ho seminato morti ovunque in città... - rimbeccai.
Lei si avvicinò al mio viso. - Non me ne sono accorta, sai? E poi se la sono andata a cercare - mi sussurrò.
Il cuore cominciò a battermi all'impazzata e il suo viso cosi vicino al mio non aiutava a mantenere il controllo. Era improbabile che mi sentissi davvero attratta da lei, non era il mio tipo, soprattutto perché era una donna e io ero sempre stata etero. C'è qualcosa di strano tra noi, pensai.
Lei cambiò espressione e distolse lo sguardo. - Abbiamo mangiato troppe schifezze con troppo alcool.
- Sì, hai ragione - tagliai corto imbarazzata.
Amita si alzò e andò a dormire sul mio letto, mentre io restai sul divano, anche perché non avevo la forza di alzarmi. Mi addormentai col pensiero di ciò che era successo.
Il giorno dopo andammo tutti e quattro a Belle Chase. Alan individuò il pontile in cui era attraccata la U.S.S. Samaritan. Ci aveva messo appena trenta minuti e nei successivi dieci era riuscito a contattare il capitano James e informarlo del nostro arrivo.
Questo ragazzo è un mostro al computer, commentai a me stessa con un po' di terrore.
Nathan James era davanti alla passerella che dava sul ponte della nave. - A cosa devo questa sorpresa? - ci chiese.
- O capitano. Mio capitano - dissi quando lo riconobbi. - Ho da proporti un affare - gli risposi.
- E quale sarebbe? - chiese ancora senza dare segno di aver capito il mio commento.
- Un genio del computer e un sabotatore esperto in cambio della loro sicurezza - proposi.
Warren provò a replicare ma Amita lo fermò con uno sguardo e scrollando la testa.
Nathan James mi guardò confuso. - Ma così tu non ci guadagni niente. Cosa vuoi davvero? -
- Invece ci guadagno parecchio. Per esempio due amici sani e salvi. In più, voglio che loro tre rimangano in contatto - gli risposi.
- Per quale motivo l'ultima richiesta? - chiese sempre imperturbabile.
Mi avvicinai all'uomo col volto serio. - Perché sono una famiglia.
Warren ignorò la richiesta di Amita e si fece avanti. - Aspetta, un attimo. Amita non viene con noi? - Alan la guardò come se stesse per mettersi a piangere.
- Il nostro compito come Cani da Guardia è finito. Ci siamo vendicati tutti per quello che ci ha fatto la Compagnia e adesso è ora di andare avanti - rispose Amita che a stento tratteneva le lacrime.
- Ma... - provò a dire Alan. Amita lo abbracciò forte seguita a ruota da Warren che continuava a dire: - Non è giusto.
Mi sentivo in colpa per quello che stavo facendo, ma preferivo essere odiata da loro piuttosto che vederli morti in un lurido vicolo della città.
Warren si staccò dai compagni e mi fissò. - È stata tua l'idea, vero?
- Sì! - risposi secca.
- Capisco. Per noi è troppo pericoloso non avere una protezione nel Mondo delle Streghe. Però avresti dovuto dircelo prima di decidere per noi - mi rimproverò Warren.
- È vero. Mi dispiace - abbassai lo sguardo.
Alan mi vanne vicino e mi abbracciò. - Addio, mi mancherà il tuo seno perfetto.
Lo abbracciai anch'io. - Anche tu mi mancherai, Alan - gli sorrisi. Poi il ragazzo tornò da Amita.
Warren mi fissò - Sai che se andiamo con loro, io e te, cherié, ci dobbiamo lasciare?
Io mi avvicinai a lui. - Non siamo mai stati insieme, ricordi? - e gli diedi un bacio sulla guancia.
- Già... - sorrise Warren. - Ci si vede mi bellissimo angelo della morte. - Poi chiamò Alan e insieme salirono a bordo della nave. Speravo davvero che con gli Inquisitori potessero essere al scuro.
Nathan James mi mise una sulla spalla. - Tranquilla, li proteggerò. Dovranno portarci nella loro base per vedere come lavorano assieme a una scorta e a degli esperti e fare un addestramento. Ci vorranno dei mesi. Mi assicurerò che in questo periodo non corrano pericoli.
Io gli sorrisi. - Ti conviene, altrimenti... - provai a dire. Per quanto brave potessero essere quelle persone, erano comunque Inquisitori.
Amita mi spinse e gli porse la mano per ringraziarlo. - Grazie mille, per il suo aiuto.
NathaN James le strinse la mano. - Non serve ringraziare. Sto mantenendo fede a una promessa fatta a una persona che mi ha dato una ragione in più per vivere.
- Capisco - rispose Amita con un sorriso.
L'uomo ricambiò, poi fece un saluto militare e si congedò tornando sulla sua nave. Io e Amita invece tornammo a casa mia.



mercoledì 6 giugno 2018

[Spinoff] Episodio 40


Sfrecciai per le strade della periferia cercando di non perdere il segnale che avevo sul cellulare. Controllavo costantemente lo schermo rischiando di fare un incidente, ma non mi importava.
Devo fermare la Rodes a ogni costo, pensai superando l'ennesima auto troppo lenta.
Dopo un po' di strada intuii la direzione che stava prendendo: New Orleans nel quartiere di Algiers Point. Era strano che andasse in quella direzione, non aveva nessun contatto in quella parte di città.
Oltrepassai il Crescent Connect e arrivai in zona pochi istanti dopo Melinda. Rimasi a debita distanza ad osservare finché la donna entrò in un vicolo tra due palazzine condominiali e si fermò. Senza farmi notare, parcheggiai, feci il giro ed entrai in uno degli edifici. Percorsi un corridoio fino ad arrivare alla porta di servizio che dava sul vicolo. Accanto c'era una finestra e mi misi a controllare che tutto andasse liscio.
Perfetto, non c'è nessuno, esultai.
Stavo per intervenire e uccidere la mia preda quando dal nulla apparve un cerchio nero sulla parete dell'edificio di fronte e da esso spuntarono fuori due donne, una sulla quarantina e mora e l'altra una adolescente bionda. Per Melida sembrava una cosa del tutto normale.
- Sei in ritardo, Melinda - fece la donna adulta.
- Ho avuto degli imprevisti, Santa Seteria - rispose Melinda inginocchiandosi.
Oh, cazzo, sbottai. Da quello che mi aveva raccontato lo zio Mei i Santoni erano le cariche più alte tra gli Stregoni. Erano persone praticamente intoccabili, a meno che non si volesse un bersaglio perenne sulla schiena.
- Sai bene che non ammetto imprevisti, Melinda. Mi avevi promesso un esercito asservito ai miei ordini - disse Seteria guardandosi attorno. - Ma io vedo solo te. Più che un imprevisto lo chiamerei un fallimento.
- Mi... mi dispiace - rispose tramando Melinda.
- Ti dispiace? E secondo te come faccio a recuperare il Primo Grimorio? - Seteria guardò truce la donna inginocchiata.
- Io... - provò a dire Melinda.
- Quello è l'unico manuale esistente per creare Matriarche dal nulla - sbraitò Seteria.
La ragazza mise una mano sul ventre della donna per farla calmare. - Cerca di mantenere il controllo, madre. Potrebbe sentirci qualcuno.
Seteria si schiarì la voce e si ricompose. - Sì , hai ragione, Jessica. Ti ringrazio cara. Allora, ricapitolando, hai usato tutto il mio siero per incrementare le capacità naturali ma non hai un ancora nessun esercito e ho fatto rintracciare da mia figlia la Strega Cronocineta per i tuoi alleati ma non hanno ancora concluso nulla. Quindi io non ho nulla. È questo che mi stai dicendo?
- Il ritardo con la Strega Cronocineta è per colpa di Emris, ha rapito la ragazzina - rispose Melinda.
- E per quale cazzo di motivo lo avrebbe fatto? - chiese Seteria cercando di non far esplodere la rabbia.
- Non... non lo so. Ma uno dei miei uomini mi ha riferito che durante Samain ha fatto un rito per aprire un portale temporaneo per Samath - rispose Melinda sempre più terrorizzata.
- Quindi la Strega Cronocineta è a Samath? - continuò Seteria.
- No... una dilettante si è sacrificata salvandola all'ultimo istante. La ragazzina è ancora in questo mondo - rispose Melinda.
- Emris... quel bastardo opportunista. Sapevo che rapire un bambino per ottenere raro come quello di uccidere qualunque cosa si sarebbe dimostrata una cattiva idea, ancora peggio quella di allevarlo come uno della famiglia - sbraitò Seteria.
- Mi dispiace... - piagnucolò Melinda.
- Mi dispiace, mi dispiace. Non sai dire altro, sorella? - impazzì Seteria. - Sei una delusione, Melinda. Se nostro padre sapesse che tutti i suoi sforzi sono stati inutili, pace all'anima sua. Ha anche cercato di creare un gruppo adatto a questa missione rapendo i bambini più dotati che potessero offrire i mondi più pacifici - disse cercando di bloccarsi. - Odio questo dannato mondo, qui la Maledizione dell'Empatia funziona fastidiosamente male.
Sentii una fitta alle costole che mi fece piegare dal dolore, l'adrenalina stava calando e tutte cominciavano a fare un male cane. Cercai di non emettere nessun rumore, non volevo essere scoperta proprio in quel momento. Feci un profondo respiro e a fatica mi rialzai per sentire il resto della conversazione.
- In più hai fatto uccidere Mei Song, uno dei più vecchi Stregoni. Nonostante avesse combattuto contro nostro nonno, non dovevi farlo fuori. Sai benissimo che non si deve mai eliminare uno Stregone. Ma tu l'hai fatto giustiziare come un qualsiasi rifiuto umano - continuò Seteria, aveva il viso rosso di rabbia.
- Intralciava i nostri piani... - provò a dire Melinda.
- Non mi interessa. E poi, è stata quella la causa dei vostri fallimenti - decretò Seteria.
- I... io non so come scusarmi, sorella - fece Melinda, stava tremando.
- Oh, sorellina. Puoi farlo in un solo modo - le rispose Seteria con uno sguardo eloquente.
- No. No, no, no. Ti prego. Ti prego, non farlo. Siamo una famiglia - Melinda si inginocchiò e posò le mai a terra in segno di supplica.
- Jessica, amore della mamma, uccidila - ordinò Seteria.
Jessica tirò fuori dalle tasche due kunai lunghi quanto un pugnale e cominciò a giocherellarci. Fu in quel momento che sentii la forza vitale della ragazza, anche lei era una strega. Subito dopo, quattro figure umanoidi fatte di asfalto e terriccio si alzarono davanti a Melinda.
Quei golem sono simili a quelli che hanno attaccato Thessa e la sua scorta..., sgranai gli occhi stupita.
Senza esitare, Jessica si lanciò sui quattro golem. Uno dopo l'altro furono ridotti in frantumi. Quello che era strano era che li aveva colpiti in punti vitali come se fossero esseri umani, non golem.
- Tu... tu sei pazza... Hai diablerato tua figlia donandole la capacita sottratta a Emris. Hai condannato la tua stessa figlia ad un continuo massacro? - chiese Melinda sconcertata.
- Diablerare? Che termine rozzo. Chi l'ha inventato? - si chiese in generale Seteria.
- Credo che venga da un gioco da tavolo, madre. Alcuni compagni di scuola ci giocano facendo finta di essere vampiri - rispose Jessica.
Seteria scoppiò a ridere. - Un gioco da tavolo? Questo si che è cadere in basso. Comunque, rispondendo alla tua domanda, sorella, non sembra che mia figlia sia triste, tutt'altro.
- Ma non... - provò a dire Melinda, ma fu trafitta al petto dai due kunai di Jessica.
Jessica si avvicinò a Melinda per recuperare le sue armi e pulirle sui vestiti della sua vittima.
- Era ora - sbottò Seteria.
Poi si girò, si concentrò e fece u gesto con la mano. Subito dopo riapparve il portale nero a mezz'aria. Le due donne entrarono all'interno e un'istante dopo sparì.
Rimasi a guardare la scena, stupefatta. Era successa una cosa che andava al di là delle aspettative, anche nel mondo delle streghe. Di sicuro quelle donne non erano normali. Piani malvagi che avevo involontariamente sentito, streghe che viaggiano attraverso portali, discorsi su altri mondi e la scoperta di una seconda Strega Legionaria oltre a Evaline.
Presi per l'ennesima volta un bel respiro e riordinai le idee. Non c'era il tempo per altre faccende, dovevo assicurarmi che Melinda fosse morta. Aprii la porta di servizio trovandomi sulla sinistra Melinda ancora viva ma in agonia. Non nego che un po' mi piaceva vederla in quello stato.
Mi avvicinai e con un po' di fatica mi inginocchiai accanto a lei, non l'avevo uccisa ma volevo assistere al suo ultimo respiro.
- Hai... hai sentito... tutto? - mi chiese Melinda mentre vomitava sangue.
- Ogni cosa, ma quello che hai detto non giustifica quello che hai fatto - le risposi con rabbia.
- Lo... so. Ti... chiedo solo... di fermare... mia sorella... Seteria, lei... molto più... pericolosa di me - mi supplicò mentre aveva le convulsioni.
Anche se si trattava di un mio nemico non potevo rifiutarmi di esaudire l'ultimo desiderio di una persona. - Tranquilla, conosco qualcuno in grado di far tremare i pilastri di qualsiasi mondo - le risposi.
Melinda sorrise ed esalò l'ultimo respiro con un piccolo rantolio.
Mi rialzai e me ne andai prima dell'arrivo della polizia. Il problema era che non sentivo alcun sollievo per la morte di Melinda, ma solo tanta pena.