Pezzi di roccia e piante sradicate si abbattevano sullo strato
psichico di Valentine. La barriera riusciva a reggere ma la
deformazione era sempre più evidente.
Tiffany si stava prosciugando mentre Valentine cercava di rimanere
concentrata. Dopo tutti quegli sforzi l'unico risultato era stato che
avevamo soltanto frenato la corsa del vortice. Ma la sua potenza non
era per niente diminuita, anzi aumentava ogni secondo che passava.
- Evie, non credo di poter reggere ancora a lungo. Quel “coso”
sembra creato da qualcuno. Non è normale che aumenti
progressivamente di forza. - provò a spiegarmi Valentine.
Tiffany mi guardò esausta. - Ha ragione, sto consumando più forza
vitale del previsto. Di questo passo fra qualche minuto sarò
completamente a secco.
Non risposi, non avevo idee. Non sapevo cosa fare in una circostanza
del genere.
- Quindi cosa facciamo? - chiese un membro del vecchio Gran Circolo.
- Aspettiamo la fine. L'hanno detto anche loro che quel tornado non è
normale. Gli Dei ci stanno punendo. - rispose un altro dietro del
primo.
- D... dobbiamo trovare un riparo e nasconderci. - fece un vecchio.
- No, gli Dei esigono del sacrifici e se li preghiamo forse ci
risparmieranno. - contestò una donna ormai con un crollo di nervi.
- Nessuno sacrifica nessuno. Non siamo più nell'era del bronzo,
cazzo. - urlò Jolene trattenuta a stento da Francis. Le streghe la
guardarono storta, sembravano contrarie a quella affermazione.
Girai il volto per guardare il gruppo di streghe con la coda
dell'occhio. - D'accordo. Vi concedo di pregare. Solo questo. -
decretai.
A quelle parole tutte le streghe si misero ad intonare preghiere e
invocazioni. Io sapevo benissimo che pregare non sarebbe servito a
nulla, solo ad aumentare il senso di terrore collettivo.
Una sola strega era rimasta in piedi, l'uomo robusto che avevo
incontrato prima di entrare nel palazzo. Si avvicinò a me senza
nessun timore e sbuffò. - Siete davvero straordinarie. Erigere una
barriera di tali dimensioni comporta un consumo di forza vitale
immenso, e quelle due lo fanno sembrare quasi normale. In più siete
riusciti a eliminare streghe con una forza che non esagero a definire
titanica. - Sembrava più una domanda che un complimento.
- Quindi, dove vuoi arrivare? - gli chiesi senza mezzi termini, avevo
già la mano sulla Honjo Masamune.
- Che cosa siete? Non è possibile che delle streghe convivano senza
iniziazione e che siate così potenti. - spiegò lui.
Rimasi in silenzio, rimandare l'inevitabile era stupido. - Io, la
bambina di undici anni, Valentine e Tiffany siamo tutte Matriarche. -
risposi ai suoi dubbi.
L'uomo rimase a bocca aperta. - Siete... cosa? Impossibile.
Io feci di sì con la testa. Forse le Matriarche non possono stare
nello stesso gruppo per un motivo a me sconosciuto, ma noi ci
riuscivamo benissimo senza riti di aggregazione o di iniziazione.
- E riuscite a convivere? Come? - L'uomo era visibilmente
disorientato.
Sorrisi. - Certo che stiamo assieme. Siamo una famiglia. - Lo guardai
intensamente, volevo capisse il senso di quella frase: non era un
rito a fare il gruppo ma l'affetto per chi ti circonda.
L'uomo si ammutolì e sorrise. Poi disse qualcosa che avevo già
capito ma che non volevo sentire: - Quella cosa è inarrestabile.
Nemmeno voi potete farcela. - disse, fece per andarsene.
- Non ti permettere... - provai a dire, ma Thessa mi si parò
davanti.
Thessa mi tocco il braccio con cui tenevo l'impugnatura della spada.
- Ha ragione lui, Evaline. Solo io posso fermare quello che ho
creato. - Aveva gli occhi lucidi.
- Tu? E come avresti fatto a creare una cosa del genere? - chiese
Kaileena.
- Quello è il residuo di un paradosso temporale. Tutte le volte che
ho usato le mie capacità lasciavo piccole tracce di forza vitale e
alla fine si sono aggregate creando quello. - spiegò la bambina.
- Come fai a sapere tutto questo, Thessa? - le chiesi con un po' di
timore.
- Perché ho viaggiato per migliaia e migliaia di volte indietro. Fra
dieci minuti voi capirete cos'è ma sarà troppo tardi, lo è
sempre... L'unica soluzione è che io vada in Trance Completa a
distrugga la mia creatura... - continuò a spiegare con un nodo alla
gola.
Cominciai a tremare. - No, no e ancora no. Rischi di morire se lo
fai. Non intendo lasciare a te questo fardello, hai sofferto già
abbastanza. Non te lo lascio fare. - cercai di convincerla, ma forse
era un modo per convincere me stesso.
- Lo so che è pericoloso. Ma non voglio che altre persone si
facciano del male per colpa mia. - continuò lei con le lacrime che
le scendevano sulle guance.
- Non esiste. Non dopo tutto quello che abbiamo fatto per aiutarti. -
Il cuore mi batteva così forte che a malapena riuscivo a respirare.
Mi accasciai a terra e mi strinsi il petto, sapevo che doveva essere
fatto ma non riuscivo ad accettarlo.
Thessa mi prese le guance e mi alzò la testa per guardarmi negli
occhi. - Ti ho promesso che avrei ripagato il debito per le vite che
sono state spezzate a causa mia. E hai ragione. Io voglio sacrificare
me stessa per salvarne miliardi. - spiegò con un sorriso.
- Per te è scoppiata una guerra in città. Centinaia di innocenti
sono morti... - le dissi. Mi avvicinai e appoggiai la mia fronte
sulla sua. - Noi tutti siamo morti per te. - le sussurrai mentre le
lacrime cadevano sull'asfalto.
- Lo so. Io ricordo tutto. Ad ogni guerra serve un martire per finire
davvero. È il continuo retaggio degli uomini. - mi sussurrò.
La guardai negli occhi stupito. Poteva avere l'aspetto di una bambina
ma le sue esperienze temporali di certo l'avevano fatta maturare più
in fretta di quanto potessi immaginare. - La guerra non cambia mai,
vero?
- No, non cambia mai. Ma il mondo sì. - mi sorrise.
Lei provò ad alzarsi ma io non volevo lasciarla andare. Avevo il
brutto presentimento che se avessi lasciato la presa non l'avrei mai
più rivista.
Lasciala andare, Erik, mi fece Evaline.
No non posso. È solo una bambina... che persona sarei se la
lasciassi fare?, le chiesi.
Oltre ad essere stato per un po' un ottimo padre saresti la
persona più coraggiosa che lei abbia mai conosciuto, stava
piangendo anche lei mentre diceva quelle cose.
Ti odio Evaline, le dissi e lasciai che Thessa si alzasse.
No, non è vero, mi rispose lei.
No, non è vero..., replicai. Ma odio da morire questo
assurdo mondo, le confessai.
Anch'io, tesoro. Anch'io!, rispose.
Thessa mi accarezzò la guancia e mi superò. Mi girai e la vidi
alzare entrambe le mani verso il tornado. Inizialmente non successe
nulla, poi piano piano la tensione sulla barriera di Valentine si
allentò. La forza del paradosso s stava affievolendo. Come
nell'altra realtà, dal corpo di Thessa cominciarono a scaturire
fulmini. Lei cominciò ad urlare dal dolore e dalla rabbia: era
entrata in Tance Completa.
Provai a controllare la forza vitale di Thessa: stava calando
drasticamente assieme alla potenza del tornado che si stava
smembrando come una matassa di filo tagliata con un coltello. In quel
momento capii che il paradosso era strettamente collegato alla forza
vitale di Thessa e che per fermarlo avrebbe dovuto pagare con la sua
stessa vita.
No..., urlai nella mia mente.
Istintivamente provai a teletrasportarmi da lei ma non riuscii ad
arrivare in tempo: lei mi guardò per un istante fiduciosa e poi la
vidi sparire. L'istante prima c'era e l'istante dopo non c'era più.
Anche il paradosso era sparito assieme a lei.
Restai immobile con il braccio proteso a fissare il vuoto, non ero
riuscito a salvarla.
Nessun commento:
Posta un commento