Quando mi ripresi la mia congrega, le streghe e i Crociati fecero il possibile per consolarmi. Sia le streghe che i Crociati avevano anche promesso di spargere la voce del nostro nuovo ruolo di Gran Circolo. Dopo la nostra dimostrazione di forza avevano accettato quel titolo di fatto. Io preso dalla rabbia elencai due semplici regole: nessuno doveva far del male a nessun innocente altrimenti saremmo intervenuti personalmente a punire i colpevoli, qualsiasi fazione essa potesse essere; il territorio del Quartiere Francese apparteneva a noi e nessuna strega doveva combinare guai all'interno di quel perimetro.
Tornammo a casa, il senso di sconforto aleggiava su tutto il gruppo:
Tiffany stava portando dentro casa uno dei borsoni di Kaileena che ne
trasportava altri due. Jolene e Francis appoggiarono le loro armi
sulla rastrelliera col morale a terra ma cercavano di farsi coraggio
a vicenda con sorrisi e sguardi. Valentine era esausta e veniva
trasportata da Hirina che sembrava l'unica felice della situazione.
- Ehi, puoi aspettarmi un attimo qui? - chiese Francis a Jolene.
- Sì, va bene... - fece lei titubante.
Lui sorrise e corse in camera sentimmo frugare per qualche minuto e
poi tornò in salotto con le mani dietro la schiena. - Ecco... questa
appartiene a te... credo... - fece impacciato.
Era una collanina d'argento con incastonata una pietra che possedeva
ogni spettro visibile di colori, era bellissima.
Jolene allungò la mano. - Questa è l'eredità di Artemide...
come...? - provò a chiedere.
- Tua madre, in punto di morte, mi ha chiesto di custodirla e di non
darla mai a Era. Quello era il suo ultimo desiderio e non potevo
esimermi dal compierlo quindi l'ho tenuta sempre con me o
nascondendola. - spiegò Francis.
Lei prese la collana e se la portò al petto. - E perché me la dai
solo ora?
- Perché... avevo paura... che ti infuriassi, che volessi uccidermi
o, peggio ancora, che non volessi più parlarmi. - rispose
imbarazzato.
Lei lo guardò per qualche istante. - Capisco... - Poi si girò e si
scostò i capelli. - Me la allacci per favore? - chiese.
- Sì. Certo. - rispose lui con un sospiro di sollievo e chiuse la
collanina.
Jolene tornò a guardare Francis si avvicinò al suo viso e gli diede
un bacio sulla guancia. - Grazie. - gli disse e andò in cucina.
Francis rimase imbambolato a fissarla.
Era bello vederli in sintonia dopo tutto quello che avevano passato e
cosa avevano fatto l'uno nei confronti dell'altra.
Tiffany mi guardò. - Che cos'hai da ridere?
- Non sto ridendo... - Le ricambiai lo sguardo.
Valentine si lasciò cadere sul divano. - Sì, invece. - Tiffany
stava facendo di sì con la testa.
- Forse... sono solo felice perché siete tornati a casa sani e
salvi. Quasi tutti. - mi corressi alla fine. Mi sentivo ancora in
colpa per no essere riuscito a salvare Thessa.
Tiffany si avvicinò e mi abbracciò con un bacio senza dire nulla.
Mi lasciai coccolare da lei, dopo un po' sentii qualcuno avvicinarsi,
era Valentine che abbracciò entrambe. Poi fu il turno di Kaileena,
Jolene e Frencis. Li strinsi tutti forte. Dopo qualche secondo, notai
Hirina che ci guardava con un misto di invidia e gelosia.
- Avanti, vieni qui. Anche tu fai parte di questa gabbia di matti
adesso. - Le sorrisi.
Ad Hirina le si illuminò il viso e si gettò letteralmente nel
gruppo.
Dopo qualche minuto ci staccammo e uno a uno andarono nelle loro
stanze a riposare. Preparammo due stanze della casa per Kaileena,
Valentine e Hirina, queste ultime due in camera assieme.
Io e Tiffany entrammo in camera. La stanza era più buia del solito
quindi accesi la luce. Tiffany si stese sul letto matrimoniale. Io mi
misi a sedere e la guardai, era meraviglioso averla di nuovo accanto
a me. Lei mi sorrise e cominciò a raccontarmi quello che era
successo a Samath, come si era sentita, come ha affrontato le
avversità, tutto. Sembrava quasi la confessione di qualcosa che le
stava dentro da troppo tempo.
Quando finalmente finì le accarezzai i capelli. - È bello averti di
nuovo a casa. - sospirai.
- Anche per me... amore... mio... - mi disse prima di sprofondare nel
sonno.
Sorrisi e, con molta delicatezza, l'abbracciai. Ero così esausto che
non mi accorsi nemmeno di aver preso sonno.
Il giorno dopo mi svegliai presto a causa di Tiffany che si era
alzata per farsi una doccia. Presi la spada dalla rastrelliera,
tornai in camera, mi sedetti sul letto e la estrassi lentamente dal
fodero: la lama era di nuovo rovinata, annerita e scheggiata per
l'indebolimento da calore e macchiata irrimediabilmente dalle viscere
bruciate di Arthur.
- Lo sai che quella katana è un patrimonio artistico nazionale
giapponese, vero? - mi fece Tiffany.
Rinfoderai la spada. - Sì, lo so. Dovremo rifare il rito per farla
tornare come nuova. - Ammirai Tiffany: indossava un accappatoio, era
a piedi scalzi e aveva ancora i capelli bagnati.
- Cos'hai? - mi chiese anche se sapeva già che cosa mi passava nella
testa, glielo leggevo negli occhi.
- Siamo sicure di aver fatto tutto il possibile per lei?
- Più di quello che abbiamo fatto? No, non credo. - mi rispose con
tono dolce.
- Ma Thessa è scomparsa. Insomma, non è rimasto nemmeno il corpo.
Niente, capisci? - Avevo di nuovo il nodo alla gola.
Tffany mi accarezzò i capelli. - Non ti abbattere così, Evie.
Sapeva cosa andava incontro. E poi l'hai detto tu che bisogna
accettare la morte di qualcuno perché, se ci pensi troppo, questo
mondo ti uccide.
Sospirai. - Hai ragione! - Le sorrisi.
Afferrai la cintura dell'accappatoio e la slacciai. Con un fruscio
l'indumento si aprì rivelando la pelle di Tiffany, era nuda. Lasciai
cadere la spada a terra per poi alzarmi e baciarle labbra. Lei mi
abbracciò in vita e mi lasciò fare. Scesi verso il collo e
proseguii verso il seno continuando verso il ventre e finendo in
mezzo alle sue cosce. Cominciai a stimolarla, sapevo che le piaceva
dal modo che aveva di ansimare e da come insinuava le sue dita tra i
miei capelli.
Lentamente la girai e la portai sul letto. Lei si stese al centro e
aprì di nuovo le gambe per me. Io, preso dalla frenesia di sentire
il suo sapore, mi gettai di nuovo tra le sue cosce.
Tiffany rise. - Calma. Non scappo mica, sai.
- Lo so. - Le baciai dolcemente l'interno coscia. - Ma è da tre mesi
che fremo dalla voglia di stare con te. - Era vero, in quel momento
stavo tremando dall'eccitazione.
Lei si leccò le labbra e si sistemò i capelli, gesti che mi fecero
impazzire. - Allora dobbiamo rimediare. Continua. - mi sorrise.
Io la ringraziai con gli occhi e tornai a stimolarle il clitoride
assaporando ogni istante e ogni gesto. Andavo lento o veloce in base
a come reagiva e le accarezzavo cosce, i glutei e il ventre. Aveva
urlato di piacere quando era arrivata all'orgasmo.
Alzai la testa dalla sua vagina e baciai il ventre e poi su fino al
suo bellissimo seno e cominciai a leccarle delicatamente i capezzoli
e le aureole. Lei ansimò ancora di piacere e mi lasciò fare. Sapeva
bene che era il mio modo di scaricare la tensione.
- Evaline... - mi fece dopo alcuni minuti. - Hai sentito?
Alzai lo guardo e mi staccai dal suo seno. - No, cosa? - le chiesi
imbambolato.
- Qualcuno ha suonato il campanello. - rispose accarezzandomi il
seno.
- Davvero? Bé, ci penseranno gli altri... - ansimai. Ero al limite,
avevo bisogno di un orgasmo ma volevo fosse Tiffany a farmelo avere.
- Voi che di faccia venire? - mi chiese con un dolcissimo sorriso.
Le ricambiai il sorriso. - Sì, ti prego. Non ce la faccio più.
Lei si posizionò sopra di me e insinuò le sue dita dentro la mia
vagina. - È in miracolo che tu sia resistita così tanto. - disse.
Poi con il bacino spinse le dita dentro e fuori e contemporaneamente
mi baciava con dolcezza.
Preso dal momento infilai la testa nell'incavo del suo collo. - Ti
amo da morire. - riuscii a sussurrare prima di urlare di piacere.
Dopo alcuni minuti arrivai all'orgasmo con un urlo più forte degli
altri. Ero completamente distrutto.
Tiffany continuò a baciarmi sul viso, sul corpo e sul seno. - Ti amo
anch'io. Sei la mia casa, Evie.
Mi misi a ridere a quella affermazione. - Sai, saresti una moglie
davvero fantastica. - Le parole uscirono senza averle pensate, cosa
che inizialmente mi aveva colpito, però mi resi conto che era vero.
- E questo cosa dovrebbe dire, che ti piacerebbe diventare mia
moglie? - Scoppiò a ridere anche lei.
A spinsi di nuovo di lato, mi portai di nuovo sopra di lei e la
guardai negli occhi. - È una domanda esplicita: vuoi diventare mia
moglie? - Ero serio e dall'espressione di Tiffany lo aveva capito
pure lei. - Sì, lo voglio. - rispose e mi baciò.
In quel momento udii bussare alla porta della camera. - Evaline, c'è
una persona per te. - chiamò Valentine.
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