Aspettammo l'intera giornata nel villaggio nascosti sperando di
vedere Chuck uscire dall'edificio, ma non avvenne. Alla fine
deducemmo che l'uomo non era lì dentro e che si nascondeva da
un'altra parte.
Warren mi raccontò che l'uomo che aveva abbattuto il drone era lo
stesso che lo aveva torturato, mentre me lo diceva la sua voce era
spezzata dal terrore. Poi gli chiesi di farmi delle copie delle
immagini di tutti i futuri bersagli e di scaricarmele sul cellulare.
Quando le acque si calmarono tornammo nel Quartiere Francese. Mentre
percorrevo Canal Street incrociai gli occhi con un vecchio
conoscente. Forse lui potrà darmi le risposte che cerco,
pensai.
Accostai e aspettai che il ragazzo mi raggiungesse.
- Perché ci siamo fermati? - mi chiese Warren, poi si girò e vide
il ragazzo alto e dai capelli castani. - Conosci questo tipo con gli
occhi inquietanti?
- Sì, lo conosco Warren. Per favore, puoi tornare alla base da solo?
- gli domandai.
- Cosa? No, non se ne parla... - provò a dire.
- Ti prego. E cerca di non farti rapire di nuovo, okay? - continuai.
Per qualche secondo rimase immobile poi, contrariato, scese dalla
moto e andò verso la fermata del tram, di sicuro il mezzo più
rapido per raggiungere il garage.
- Ciao, Francis - dissi al ragazzo togliendomi il casco e dopo
essermi assicurata che Warren fosse salito sul mezzo pubblico.
- Ciao, Kaileena - mi salutò con un debole sorriso.
- Come... come stai? - cercai di alleviare la tensione.
- Sto bene - mi rispose freddo.
- E gli altri... - provai a chiedere.
- Hai finito di uccidere a destra e a manca? - mi domando a
tradimento.
Io serrai la mandibola come segno di disapprovazione. - Okay, me lo
merito dopotutto vi ho abbandonati per vendicarmi, non ho il di
chiedere nulla.
- A quante vittime hai strappato via la vita a sangue freddo? Dieci,
venti, cento? - continuò lui impassibile, anche se dai suoi occhi
traspariva rabbia e tristezza.
- Quelle che sono necessarie - gli risposi.
- Sai chi risponde in quel modo? Gli psicopatici - mi rimproverò
Francis.
- Da che pulpito. Sbaglio o anche tu hai massacrato tutti gli adulti
della famiglia di Jolene, e chissà quante altre persone innocenti? -
Era un colpo basso ma lui stava esagerando.
- Ma ora non più per amore della mia nuova famiglia e per... Jolene.
- L'ultima parola la disse con un filo di voce come se stesse
reprimendo pensieri che non dovrebbe fare.
- Sì, come no. Lasciamo perdere... - tagliai corto. Tirai fuori il
telefono e gli feci vedere le foto dei tipi del fortino. - Sai dirmi
chi sono questi?
Francis guardò attentamente ogni immagine. - Non sembrano tipi da
comitato di quartiere, questo è certo.
- Questo lo so già. Volevo un parere da un assassino in grado di
trovare indizi dal nulla come te - gli confessai.
Lui mi guardo torvo. - E va bene. Questi quattro sono Streghe
Combattenti, si capisce dal loro portamento, schiena dritta, braccia
libere in caso di imminente attacco e altri atteggiamenti tipici.
Posso anche dirti che sono dei maestri di arti marziali. Questi due
che portano il corpo sono semplici umani. Mentre questo è
interessante.
- Perché? - chiesi cercando di capire gli passasse per la testa.
- Questa è una Strega Hashashin, ed è strano che chi l'ha
ingaggiata non l'abbia sguinzagliata. Di solito l'arrivo di una di
queste streghe in una città è seguito da una scia interminabile di
cadaveri. Forse è solo una semplice guardia del corpo, non lo so. -
mi spiegò Francis riconsegnandomi il cellulare.
- È un bel problema, hai qualche consiglio da darmi? - chiesi
strofinandomi gli occhi.
- Sì, lascia perdere! - rispose lui.
- Andiamo, voi Streghe Hashashin dovete pur avere dei punti deboli -
ribadii.
Lui si guardò attorno con un sorriso nervoso sul volto. - Le streghe
sono fatte di carne e ossa e, se sono mortali, sono vulnerabili come
qualunque essere umano. Se usi le pistole non dovresti avere
problemi, ma attenta a non ingaggiare in un corpo a corpo perché non
avresti scampo.
- Grazie - gli dissi e mi misi di nuovo il casco. - E, Francis, non
dire nulla a Evaline e Tiffany, non voglio metterle in pericolo - gli
sorrisi.
L'espressione del ragazzo cambiò, deglutì e si mise a fissare nel
vuoto per qualche secondo. Poi si riprese e guardandomi negli occhi
mi disse: - D'accordo, non dirò niente.
Ignoravo quello che era successo e in quel momento non feci caso a
quello strano atteggiamento. Gli feci un inchino con la testa e
ripartii per tornare alla base dei Cani da Guardia.
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