Una
volta tornata a casa cercai la notizia che stavo aspettando da
giorni.
Prima
dell'arrivo di Warren, Alan e Amita per consegnarmi gli scatoloni
avevo fatto ricerche per rintracciare i quattro maestri che avevano
tradito lo zio Mei e che avevo lasciato vivere. Sapevo che sarebbero
sopravvissuti perché quando me ne ero andata dalla biblioteca
stavano già scappando.
Il
problema era che sembrava come se fossero spariti nel nulla. E
trovare un obbiettivo in fuga in una città come New Orleans era come
cercare un ago in un mucchio di aghi. Era frustrante, non avevo più
quel genio mostruoso di Alan ad aiutarmi e non avevo contatti da
utilizzare per trovare informazioni utili. Chiedere ai Cani da
Guardia era escluso, non potevo più coinvolgerli nei miei casini e
nelle mie nuove fissazioni.
Un
giorno, però, avevo visto al telegiornale un notiziario sull'ex
agente corrotto Vertans, diceva che sarebbe stato rilasciato agli
arresti domiciliari. Cosa molto insolita visto che era al centro di
quello scandalo quindi decisi di trovare più informazioni.
Il
pomeriggio ero già in viaggio per raggiungere la nuova residenza di
Vertans, un appartamento in una palazzina con vista sul Mississippi.
Io mi posizionai su un palazzo abbastanza alto e lontano per darmi
il tempo di fuggire. Quando osservai la situazione col mirino vidi
due federali che gli facevano da scorta.
-
Adesso ho capito, piccolo bastardo eunuco, ti sei venduto allF.B.I.
Sei furbo, ma non abbastanza - dissi regolando il mirino del mio
Barret calibro 50.
Attesi
finché non si avvicinò alla finestra del bagno per pisciare,
trattenni il respiro e premetti il grilletto. Sulla finestra schizzò
un quantitativo di sangue considerevole mista a pezzi di cervello.
Centro
perfetto, esultai compiaciuta.
Con
calma raccolsi il bossolo e smontai il fucile per poi scendere dal
palazzo dalle scale di sicurezza e raggiunsi la moto per andarmene
come se non fosse successo nulla.
Durante
il tragitto mi imbattei nel cimitero dove fu sepolto lo zio Mei, mi
fermai e scesi dalla moto.
Dopo
la sfuriata fatta al funerale non avevo mai visitato la sua tomba,
non mi sembrava rispettoso ed era troppo doloroso. Rimasi impalata
per qualche minuto, mi tremavano le gambe e non riuscivo ad avanzare.
Una
donna mi toccò la spalla facendomi trasalire. - Salve - mi fece con
un sorriso. Era sulla cinquantina e aveva in mano dei fiori secchi.
-
S... salve - balbettai.
Anche
lei è qui per rendere omaggio a un suo caro? - mi chiese.
-
Non esattamente - risposi.
La
donna mi guardò attentamente. - Oh, capisco. È una di quelle
persone...
-
Quali persone? - Per un istante credetti che stesse parlando di
streghe e cominciai a sudare freddo.
-
Quelle persone che credono che parlare a una lapide sia inutile - mi
rispose la donna.
A
quella risposta mi rilassai. - Non lo è? Insomma, quello che c'è
dentro sono solo carne in putrefazione, senza una coscienza o
un'anima.
-
Sì, hai ragione. - rispose la donna con un lungo sospiro. - Ma alla
tua teoria manca una parte fondamentale.
-
E quale? - chiesi anche se stavo per mettermi a ridere.
-
Sei tu, mia cara. Ai defunti puoi dire quello che senti, cosa volevi
davvero da loro, dire tutto ciò che vuoi. Tanto loro hanno
l'abitudine di ascoltare senza mai giudicare - mi sorrise.
Pensavo
mi stesse per dire qualche stronzata su Dio o sul fatto che loro
erano in pace, invece mi spiazzò del tutto.
La
donna mi accarezzò il braccio, mi salutò e se ne andò per la sua
strada.
Percorsi
i vari viottoli tra lapidi e tumuli famigliari. Ripensai alla sera
che ero arrivata a soccorrere Evaline ridotta emotivamente a uno
straccio, a come mi avesse detto della morte dello zio Mei e del
coraggio che aveva avuto nel volermelo dire di persona.
Sono
proprio stata una stronza con lei, pensai mentre raggiungevo la
lapide di Mei.
Era
una lapide molto semplice, rettangolare e bianca, accanto a quella di
sua moglie Akemi Umezawa. In entrambi i vasi per i fiori c'erano dei
mazzi di fiore di luna.
Feci
un passo in avanti e mi sistemai il giubbotto in pelle. - Ehm, ciao
zietto, come va?
Mi
guardai attorno ma non c'era nessuno per fortuna, non volevo che
qualcuno mi vedesse mentre parlavo a una lapide come una pazza.
-
Che stronzata! - sbottai. - Tu sei morto. Come sono morti tua moglie
e i miei genitori, e nessuno ti porterà indietro da me. Sono
l'ultima della grande famiglia Umezawa. Mi avevi detto che la mia
discendenza era importante, che era destinata a cambiare il mondo.
Fin'ora è stato fatto proprio un bel lavoro, cazzo. Oh, sì, ho
ammazzato un mucchio di gente per vendicarti, l'ultimo proprio pochi
minuti fa. Mi mancano solo quattro piccoli traditori e i tre amici di
quella Melinda. Non conoscevi Melinda? Te lo dico io chi era la
stronza, la fottuta sorella di un Santone.
Mi
fermai per prendere fiato e continuai. - Scommetto che non sei per
niente fiero di me, vero? Beh, sai che ti dico? Chi se ne frega.
Prova a metterti nei miei panni, l'ultimo famigliare che ti resta
more combattendo, trucidato da gente senza scrupoli che fa
esperimenti sulle streghe e rapisce bambini. Tu cosa avresti fatto?
Conoscendoti, molto peggio. Ma non ho fatto solo cose cattive. Ho
anche aiutato tre ragazzi a sopravvivere a questo mondo, ho liberato
la Coalizione del Bayou da un tiranno, ho scoperto la corruzione
nelle istituzioni della città e distrutto un intero cartello di
trafficanti. - Sentii che non riuscivo più a trattenermi e le
lacrime cominciarono a bagnarmi le guance.
Mi
asciugai e presi un altro bel respiro. - La... la verità è che sono
arrabbiata con te e mi manchi ogni singolo giorno perché mi hai
raccolta dalla strada e ti sei preso cura di me. Ti voglio bene zio
Mei.
Mi
appoggiai a un tumulo e mi accasciai a terra scoppiando a piangere.
Un pianto liberatorio che tenevo dentro da troppo tempo. Ogni lacrima
che scendeva era un peso che se ne andava, anche se solo per poco.
Dopo
alcuni minuti alzai lo sguardo al cielo per riprendere il controllo
quando notai un enorme colonna di fumo nero in direzione sud.
Belle
Chease. Alan, Warren, pensai terrorizzata.
Mi
rialzai e corsi alla moto. Nathan James aveva detto che i ragazzi
sarebbero stati al sicuro con una scorta al garage. Andai a
controllare e senza farmi vedere confermai che il Capitano era stato
di parola, Alan e Warren stavano bene e davano ordini alle loro
scorte come se fossero loro a comandare.
Sorrisi
e mandai un messaggio con tanto di video ad Amita per rassicurarla.
Lei rispose con una faccina che rideva a crepapelle segno che anche
lei stava bene.
Tornai
a casa e accesi la televisione e il pc e cercai informazioni
sull'attacco, ma non trovai nulla tranne delle ridicole ipotesi su
l'esplosione di un serbatoio del porto di Belle Chease. A sera tardi
mi arresi e stremata mi gettai sul divano e mi addormentai.
Il
giorno dopo mi svegliai con il telefono che squillava. Controllai il
display: Evaline.
Ripensai
allo zio Mei quando mi aveva visto la prima volta, in mezzo a un
mucchio di spazzatura, a piangere credendo che fosse la mia fine e
alla prima cosa che mi disse: - Ragazzina, è finita quando è
finita. E non è ancora finita.
Mi
misi a ridere e risposi alla chiamata della mia sacerdotessa e
sorella che ammiravo tanto.