-
Credevo lo avessi capito, se a Samat - mi rispose la ragazza.
Diedi
uno sguardo migliore a ciò che stava al di la del ponte, cioè
nulla. Poi alzai gli occhi al cielo, e nella mia testa cominciò a
farsi strada un dubbio. - Le stelle, non riesco a riconoscere nessuna
costellazione... - mormorai. Era uno spettacolo strano e allo stesso
tempo affascinante.
-
Ah, capisco... Questo non è il pianeta da cui provieni tu. Forse non
è nemmeno la stessa galassia. - rispose la ragazza impassibile.
-
Cosa? - sbottai girando la testa verso di lei. Sapevo che non ero più
sul mio mondo ma pensavo fosse una specie di dimensione alternativa,
invece era un vero pianeta sull'orlo del collasso.
-
Il Maestro ha detto che quando sei caduta nel portale sei finita qui,
l'unico spazio abitabile del pianeta - rispose la ragazza.
-
E perché la città ha un aspetto tanto simile a una qualsiasi città
del mio? - Avevo le gambe che mi tremavano.
-
Non lo so. È stato il Maestro a modellare questo spazio per noi -
rispose lei col viso che non tradiva nessuna espressione.
Rimasi
in silenzio a ragionare. Mi avevano presa, avevano fatto degli
esperimenti sul mio corpo ma qualcosa era andato storto, e, infine,
la scoperta di essere su un altro pianeta abitato da esseri umani e
non morti. Le gambe non riuscirono più a reggermi e mi accasciai a
terra.
Come
faccio a tornare a casa? Come faccio a tornare tra le braccia della
mia Evaline? Ero nel panico più totale.
La
ragazza mi guardò e inclinò la testa. - Che cos'hai adesso?
-
Cos'ho? Voglio riaprire il portale. Voglio tornare a casa mia. Voglio
rivedere la mia famiglia, ecco cos'ho - le risposi furiosa.
-
Non puoi - mi disse lei.
-
Quindi non c'è possibilità che io me ne vada da questo inferno... -
mormorai.
-
Ho detto che tu non puoi, ma il Maestro sì. È l'unico che
può andare e venire dal pianeta - mi rispose la ragazza.
-
E perché non l'hai detto subito? - le urlai.
-
Non l'hai chiesto - mi rispose lei.
Mi
alzai e la presi per il bavero della scollatura. - Dov'è questo
Maestro?
-
Non aprirà mai il portale per te - mi rispose seria, o almeno ho
pensato fosse seria visto che non riuscivo a distinguere le sue
emozioni.
-
Allora lo costringerò, anche a costo di distruggere pezzo dopo pezzo
la sua amata città - ringhiai.
La
ragazza rimase in silenzio per qualche secondo poi disse: - In questo
caso dovrai eliminare la connessione tra la barriera e gli otto
Pilastri, ma per farlo dovrai impossessarti della loro energia con il
tuo potere di assorbimento. Ma ti conviene fare in fretta, hai tempo
fino alla fine dell'eclissi, ossia il mattino.
Io
la lasciai andare basita. Mi aveva detto tutto senza battere ciglio,
come se non le importassero le ripercussioni per tale confessione. O,
forse, mi stava dicendo tutto sapendo benissimo che non ce l'avrei
mai fatta. In ogni caso era impossibile comprendere cosa le frullasse
per la testa.
-
Perché mi dici tutto questo? - le chiesi.
-
Perché no? Tu hai chiesto e io ho risposto. Semplice - mi rispose
lei prima di girarsi e fare per andarsene.
Io
la osservai per qualche istante, poi chiesi: - Aspetta. Come faccio a
trovare questi Pilastri?
-
Sono coloro che mantengono attiva la barriera che circonda Samat,
quindi sono quelli con la forza vitale maggiore - mi rispose mentre
continuava a scendere le scale in legno. Poi percorse il sentiero ed
entrò in casa senza più girarsi.
Sorrisi.
Forse non era tutto perduto, forse potevo davvero tornare dalla donna
che amavo.
Uscii
dal gazebo e percorsi la prima scalinata sconnessa che mi si parò
davanti. A metà discesa notai un cancelletto arrugginito aperto, al
di là c'era un prato ben curato con un unico albero secolare
rigoglioso e, sotto di esso, un uomo con un cappotto lungo e un
cappello a punta a coprirgli il viso seduto su una sedia a dondolo
abbracciato a una falce a mezzaluna nera.
Deve
essere lui il Maestro, pensai. Non potevo minacciarlo senza nulla
in mano.
Serrai
la mandibola reprimendo il desiderio di spaccargli la faccia e
continuai la discesa verso la città con una rinnovata speranza e
voglia d lottare.
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