Erano passati ormai sei mesi dalla sconfitta di Era, dall'impatto mediatico che aveva avuto, dalle teorie complottistiche. L'esercito e il sindaco erano riusciti a far passare tutto per una trovata pubblicitaria di un nuovo film.
Dopo quelle settimane turbolente passai altri giorni da solo per schiarirmi le idee, tutti sapevano dove abitavamo e i giornalisti si buttavano a pesce ogni volta che uscivamo dall'hotel, la situazione era a dir poco insostenibile. In quei giorni di riflessione trovai per caso un appartamento di lusso a Bourbon Street sopra un locale molto frequentato, era spazioso, con molte camere e con una terrazza che si affacciava sulla Bourbon. L'arredamento era antico ma molto elegante, esattamente al centro del Quartiere Francese, era perfetto per tutti noi. Mi registrai e comprai l'immobile. Avevo ancora i fondi lasciati da Valentine e quale modo migliore di spendere i propri soldi comprando una casa.
Tornai dagli altri e spiegai la situazione, tutti si dimostrarono entusiasti dell'idea. Preparammo un piano per non farci notare dai sciacalli appostati all'entrata dell'hotel. Creammo un diversivo con un dipendente dell'hotel, gli abbiamo regalato un'auto e gli abbiamo detto di andare a farsi un giro. Funzionò e come mosche i giornalisti inseguirono la macchina del dipendente mentre noi prendevamo un'altra macchina e con tutta calma ci dileguammo.
Il posto migliore della città per sparire era proprio il Quartiere Francese, lì nessuno fa domande e nessuno cerca rogne.
Passarono alcuni mesi e nessuno aveva tentato di avvicinarsi, nessuno cercava più la nostra faccia, nessuno tranne alcune streghe che ci attaccarono per sottrarci il nostro potere, i nostri grimori. Con mia sorpresa riuscii a far scappare questi individui senza fargli troppo male e con un messaggio, “il Quartiere è nostro, state alla larga.”
Fu in questo modo che trovammo finalmente un nostro territorio, una casa.
Passarono altri mesi e arrivò l'autunno, non faceva freddo ma tutti in città erano già in modalità Halloween anche se mancavano ancora venti giorni alla festa vera e propria. La folla per le strade era per la maggior parte travestita da zombie, streghe, vampiri, diavoli, fantasmi, la lista era lunga.
Dalla balconata si sentiva chiaramente il suono della musica jazz che sovrastava il rumore del chiacchiericcio dei turisti. Mi mettevo spesso steso sulla sdraio a prendere il sole o per ascoltare i rumori della città, ma non era l'unico motivo. Quando mi concentravo riuscivo a percepire se nel Quartiere ci fossero vere streghe o solo persone normali, da quello che ero riuscito a capire quella era una delle capacità del Guardiano, e la cosa ci dava parecchi vantaggi, potevamo difendere il nostro territorio più facilmente.
Un ragazzo dalla strada mi fischiò con approvazione - Che ne dici di scendere, ti offro una birra? -
Per un istante mi chiesi cosa avessi di tanto attraente, poi aprii gli occhi e mi guardai: avevo addosso una maglietta a maniche lunghe grigia con spalle scoperte e una minigonna in jeans dai bordi sfilacciati - Forse in un'altra vita! - gli risposi.
Una ragazza asiatica dai capelli castani fece capolino dalla portafinestra del terrazzo - Che succede? -
- Niente, un tizio lì sotto rompe le palle. - le risposi scocciato.
Uscì del tutto, la camicetta bianca enfatizzava il suo formoso seno e i jeans scuri le modellava perfettamente i fianchi e le gambe. Quell'abbigliamento dava alla ragazza un aspetto da sempliciotta, cosa che in realtà non era.
Indicò con il dito verso la strada - Chi, quel tizio che continua a sbraitare come se stesse vedendo un fil porno? - mi chiese.
Le feci un sorriso sardonico come risposta.
Sospirò scrollando la testa. Si avvicinò con naturalezza, il suo sorriso era la cosa più bella che avessi mai visto, era come la prima volta che lo vidi quando le dissi che l'amavo. Mi alzò il mento con due dita e mi baciò sulla bocca, la cosa più semplice del mondo, mi piaceva quando faceva così e mi piaceva il sapore che aveva, simile a quello delle ciliege.
Non sentii il ragazzo, solo il brusio della strada. Dal nulla un'esultanza da stadio sovrastò il brusio del Quartiere, erano numerose persone ma non riuscii a vedere perché ero impegnato a limonare con Tiffany. L'esultanza durò solo qualche secondo per poi tornare ai soliti rumori dei carri che passavano e dei musicisti da strada.
Quando Tiffany si staccò dalle mie labbra riaprii gli occhi e le accarezzai i capelli - Grazie, ma non c'era bisogno. - sorrisi.
Mi accarezzò una coscia - È vero. Ma volevo farlo lo stesso. - mi scavalcò con una gamba e mise a cavalcioni sopra di me, il calore del suo corpo mi fece venire i brividi e il profumo che emanava era inebriante. Scostò di lato i miei capelli castano chiaro, si avvicinò di nuovo con il viso e cominciò a baciarmi il collo.
Mi piaceva il modo delicato con cui lo faceva ma se fosse andata avanti sarebbe diventato un reato - Tifa, c'è gente... parecchia gente... - cercai di dirle mentre cercavo di resistere al desiderio.
Lei mi accarezzò i fianchi - E allora? - mi chiese continuando a strusciarsi con il corpo morbido e succhiando sul collo.
Cominciai ad ansimare - Sono atti osceni in luogo pubblico... - provai a dire ma il mio corpo reagiva da solo a quel contatto. Arrivai all'orgasmo con uno stridio di piacere soffocato, speravo di non dare troppo nell'occhio alla gente che passava nella strada di sotto.
Tiffany si staccò, le sue labbra erano rosse e umide - Ecco fatto, adesso sono contenta. - mi sorrise asciugandomi il collo dalla bava.
Le diedi un spinta sulla spalla - Mi hai lasciato un succhiotto vero? - stavo ancora ansimando.
- Sì! - mi diede un bacio a stampo sulla bocca.
- Stronza. - ribattei con un pizzico di imbarazzo cercando di ricompormi.
Lei mi sorrise, si alzò e, senza staccarmi gli occhi di dosso, fece per tornare dentro casa - Ti amo anch'io! - rispose.
Da quando era stata riportata in vita dalla strana pozione di Era non avevamo mai affrontato l'argomento, da parte mia avevo paura di allontanarmi da lei, di ammettere che fosse stata colpa mia. Questo pensiero mi distruggeva. Evaline cercò di parlarmi di quell'evento, diceva che non era colpa mia, che avevo fatto la scelta giusta proteggendo i ragazzi. Eppure mi sentivo costantemente in colpa.
Mi alzai anch'io e andai alla biblioteca, uno scaffale italiano antico in quercia secolare, era segnato da varie incisioni che scoprimmo in seguito essere protezioni. Presi il bottino della battaglia contro Era, il suo grimorio, un quaderno molto spesso con moltissime pagine ingiallite, e tornai alla sdraio.
Quel libro era una delle mie letture principali, come gli altri grimori che recuperammo. Fu grazie a questo che riuscii a riparare la mia spada e farla tornare come nuova attraverso un rito di rinnovamento. Trovai anche la formula per la fialetta che aveva salvato Tiffany: consisteva nel recuperare il sangue di una specifica strega, ormai morta da millenni. La conoscenza di Era avrebbe fatto impallidire chiunque, non mi stupiva il fatto che avesse conquistato New Orleans.
Sentii la porta di ingresso si aprirsi - Siamo tornati! - era la voce di un ragazzo appena diventato adulto, percepii anche la presenza di una ragazza.
- Com'è andata oggi? - gli chiese Tiffany.
La ragazza fece un rantolo di frustrazione - Il liceo fa schifo! - sbraitò.
- Avanti, non è così male... tranne quando devi subire alcuni scherzi idioti senza reagire per paura di uccidere qualcuno. - ironizzò il ragazzo mentre gettava qualcosa sul divano.
- Parli tu che la maggior parte del tempo ti lasciano in pace. Io invece ricevo costantemente inviti a uscire dai giocatori di lacrosse. E per quanto una glielo dica non mollano la presa. - si lamentò la ragazza aprendo il frigorifero.
- Non è mica colpa mia se la “nuova arrivata” viene considerata la più bella della scuola. - commentò scorbutico il ragazzo.
La ragazza chiuse bruscamente la portiera del frigo - Invece è proprio colpa tua. Mi hai consigliato tu vestirmi come una comune sedicenne per integrarmi meglio, ecco il risultato. -
-Cosa? - Il ragazzo sembrava sconcertato - No, no, no e ancora no, signorina. Io ti ho consigliato di vestirti come una della tua eta, per non sembrare una pazzoide. Sei tu quella che ha capito male, quindi è colpa tua. - ringhiò.
Sospirai, era ormai da qualche settimana che si comportavano così, da quando li avevo iscritti a un liceo, se volevo la custodia di Jolene e Francis dovevo provvedere alla loro istruzione. Lei era diventata mia figlia dopo averle dato un nome, nelle congreghe di Streghe Silvane si diventa effettivamente parenti solo dopo aver dato il nome a un membro. Mentre lui si unì ufficialmente alla nostra congrega dopo la sconfitta di Era.
Mi alzai dalla sdraio e andai in cucina dove mi aspettavano Tiffany, una ragazzina bassa con capelli biondi e occhi azzurri, e un ragazzo dai capelli castani corti e alto poco più della media.
- Smettetela voi due, non riesco a leggere. - mi intromisi.
Jolene mi guardò con gli occhi da cucciola - Ma mamma... non riesco nemmeno ad andare al bagno senza essere perseguitata da quei maniaci drogati di adrenalina, e la colpa è sua. - lo indicò in malo modo.
Francis mise le mani avanti - Evaline, ho solo dato un consiglio a un membro della mia congrega, non è colpa mia se capisce cazzi per cammelli. - si giustificò.
Ragionai sulla situazione, non sarebbero riusciti a risolvere la situazione solo a parole, ma dovevano fare qualcosa di concreto entrambi l'uno per l'altra - Mettetevi insieme, per finta intendo, così potrete stare da soli e tenervi d'occhio a vicenda. Per non parlare delle vite che potremo salvare. -
Jolene mi guardò storto - Ma noi sappiamo difenderci bene... -
- Appunto! - le risposi.
Loro si guardarono a vicenda per un istante, sospirarono e voltarono la testa verso di me - D'accordo! - risposero con poca convinzione - Ma sia ben chiaro, vale solo quando siamo a scuola. - aggiunse Jolene con le guance arrossate.
Alzai le braccia per dire che mi andava bene e guardai male Tiffany, lei di rimando mi fece spallucce con occhi dolci.
Troppo carini Jolene e Francis!
RispondiEliminaMe lo dicono spesso e io rincaro la dose. :P
Elimina