- Che succede, Marcus? I tuoi colpi sono sempre più deboli. - chiese
Arthur.
Marcus rimase immobile. - Forse... anche il corpo è uno strumento
effimero nel mantenere salda l'anima. - Sembrava più un ragionamento
personale che una risposta al compagno.
Arthur lo guardò storto. - Molte volte non riesco a capire niente di
quello che dici, lo sai? -
- Perché la tua mente non è aperta. - rispose secco, Marcus.
- Per l'appunto! - Arthur, ricominciò con la sua risata fastidiosa.
Diedi una rapida occhiata di lato, Jolene e Julia avevano portato al
sicuro il vicecomandante.
Approfittai del momento di distrazione dei due uomini per lanciare la
spada nella loro direzione. Marcus si scansò di lato per evitarla e
la lama si era conficcò nella lamiera. Entrambi rimasero a guardare
la katana dondolare avanti e indietro. Raccolsi le forze e mi
concentrai, poi mi lanciai in avanti, mi teletrasportai davanti alle
due streghe e, sfruttando lo slancio, usai l'impugnatura come perno,
ed infine diedi un calcio in faccia a Marcus.
Lui, stordito, indietreggiò di qualche passo con la mano sul volto.
- Sai che non si picchiano gli invalidi? - mi fece Arthur. Poi provò
a colpirmi con le sue lame d'acciaio.
Disincastrai la spada e parai i due fendenti, uno dall'alto e l'altro
da sinistra, e contrattaccai con un calcio allo stomaco che lo
allontanò di qualche metro.
Marcus, che si era avvicinato, provò a colpirmi di lato con la sua
arma, ma i riuscii a voltarmi e a parare per poi contrattaccare con
due fendenti e una stoccata. Lui, con uno scatto, indietreggiò
schivando tutti e tre i colpi. Sentii una minaccia alle mie spalle,
mi girai e istintivamente parai per un soffio il colpo di Arthur alla
schiena, poi con una spallata lo spinsi lontano. Indietreggiai, non
potevo stare in mezzo a due avversari troppo a lungo.
Mi misi in guardia aspettando una
loro mossa.“Merda, sono più forti di quello che
pensavo!”, imprecai nella mia testa. Ero già allo stremo:
teletrasportarsi troppe volte era stancante e farlo con altre persone
prosciugava completamente le energie.
Entrambi i miei avversari si avvicinarono camminando e furenti mi
attaccarono dai lati. I loro fendenti erano veloci e precisi ma
riuscii, con sforzi enormi, a parare la maggior parte dei colpi e a
schivare il resto. Tenni testa alle due furie titaniche per alcune
riprese grazie alla forza della disperazione ma stavo per crollare,
erano diventati più imprevedibili e veloci.
Marcus stava per colpirmi e io ero troppo stanco per reagire
tempestivamente. Quando vidi la lama alzarsi su di me pensai fosse
finita, ma dall'alto una freccia verde arrivò quasi alla testa del
mio avversario. Lui con uno scatto del polso riuscì a deviare la
traiettoria del proiettile.
Indietreggiai per riprendere fiato. Da dietro Marcus, un ragazzo
armato di kijik, saltò sulla coperta e lo attaccò alle spalle, ma
il suo avversario riuscì a parare ogni fendente di Francis.
Arthur mi guardò sorridente. - Hai chiesto auto ai tuoi amici per
combattere le tue battaglie. Non ci siamo proprio sai? - Sembrava
divertito, per nulla sotto stress per il combattimento.
- Sai, ero un po' stanca, volevo un cambio! - ironizzai col fiato
corto.
- Nemmeno noi possiamo batterci con voi fino al giorno del giudizio.
- rimbeccò lui.
Feci spallucce. - Vi potete sempre arrendere! -
Scoppiò a ridere come una iena poi mi attaccò con altri fendenti
precisi che parai e schivai. Improvvisamente, dalle spalle sentii un
rumore di motori e ingranaggi. Arthur si fermò di colpo quindi feci
qualche passo indietro. Mi voltai e vidi il cannone della USS
Samaritan posizionarsi verso sud e sparare un colpo. Seguii la
traiettoria e subito dopo un'esplosione fece tremare l'intera nave,
le fiamme si potevano vedere anche da quella posizione.
Arthur scattò verso di me e mi diede un calcio allo stomaco, era
così veloce nei movimenti che non riuscii a vederlo. Il calcio mi
fece volare ulteriormente indietro di svariati metri. Sentii urlare
Francis, poi Marcus lo fece scivolare di schiena nella mia direzione.
Gli andai incontro. - Stai bene? - urlai.
Lui si rialzò a sedere. - Sono vivo. Ma quei due sono maledettamente
forti. - Il suo sguardo era rassegnato, aveva dato tutto se stesso ma
non era servito a niente.
- Ma non possiamo... - Mi fermai di colpo quando, nel riverbero del
calore delle fiamme, un uomo a petto nudo con una croce tatuata al
centro e pantaloni lunghi eleganti trasportava, sulle spalle, due
ragazze prive di sensi.
Quando arrivò da Marcus e Alrthur, riuscii a riconoscerle: Valentine
e Jolene. Con un gesto morbido e fluido gettò verso di noi le
ragazze, riuscimmo ad afferrarle al volo con uno sforzo
considerevole. Erano illese, con qualche livido ma vive.
- Perché non ci avete uccisi? - chiesi.
Arthur si mise a ridacchiare. - Perché? Ma non è ovvio? Ci servite
vivi... per ora. -
- Vivi? Per cosa? - chiese Francis confuso.
Udii una porta aprirsi alle nostre spalle. Francis ed io ci voltammo
e vedemmo Thessa uscire. - Oh, no. Non esiste. - esclamai.
- Per questo! - rispose Marcus.
Thessa, senza guardarci, ci superò mettendosi davanti a noi. -
Voglio uno scambio: io mi consegno e voi lasciate illese tutte le
persone su questa nave - esordì. Aveva un tono serio e maturo degli
anni che portava.
Arthur scoppiò a ridere. - E se rifiutassimo le tue condizioni? -
Thessa tirò fuori una pistola, fece scorrere la canna e se la puntò
alla testa. - Allora niente Matriarca! - rispose.
Tutti e tre la guardarono: l'uomo pelato restava in silenzio, Marcus
immobile con la testa inclinata e Arthur che passava lo sguardo dalla
bambina ai suoi compagni impaziente.
- Non c'è soluzione! - decretò Marcus. - Accettiamo le tue
richieste. Nessuno verrà più ferito o ucciso da noi oggi. -
Avevo osservato la scena incredulo. Dopo tutto quello che avevamo
perso per proteggerla lei si consegnava deliberatamente al nemico. -
No, Thessa, non... - provai a dirle.
Lei, però, non mi aveva ascoltato ed era avanzata verso di loro. -
Mi dispiace, non c'è altro modo. - Dal tono di voce sembrava sul
punto di piangere. Molto probabilmente sapeva cosa le stava per
accadere e non sembrava nulla di piacevole.
Impotente, seguii con gli occhi Thessa scendere dalla nave ed
andarsene assieme alle tre streghe che mantennero la promessa.
Il resto della giornata Francis ed io lo passammo ad aiutare i
numerosi marinai feriti in attesa che Jolene e Valentine si
riprendessero. Tutti gli sforzi fatti fino a quel momento erano stati
vani. Il piano che avevo ideato per proteggere i Crociati era
risultato inutile. Quelle tre streghe ci surclassavano in potere e
strategia.
Alla sera, finalmente, Frank era uscito dall'operazione. Il dottore
mi aveva detto che era riuscito a sopravvivere solo grazie al nostro
tempestivo salvataggio.
Entrai in infermeria dove il vicecomandante era ricoverato. Era, in
realtà, una cabina divisa in due stanze: una adibita alle operazioni
e alle visite, la seconda era per i pazienti ricoverati. Andai dritto
verso la seconda stanza trovando Frank sdraiato in una delle cuccette
più bassa.
- Come ti senti, idiota? - gli chiesi con tono scherzoso.
Frank rise debolmente. - Sì, hai ragione. Quando si tratta di
proteggere i miei uomini non guardo in faccia a nessuno. Però, anche
tu non sei da meno... - Si alzò a sedere dolorante.
- Già... non sono riuscita a fare nulla, anzi, ho peggiorato la
situazione... - Mi sentivo in colpa per i loro feriti e i loro morti,
ma anche di aver permesso a quei tre di portarsi via Thessa.
- Di cosa parli, strega? - mi chiese burbero.
- Mi hai detto che è colpa mia se è successo tutto questo... - Mi
guardai attorno indicando i feriti. - …mi dispiace molto. -
Abbassai lo sguardo.
Frank sbuffò. - Non è colpa tua ma di quelle streghe. La tua unica
colpa è quella di aver lasciato che una ragazzina si sacrificasse
per proteggerci. Quello è un disonore a qui dovrai rimediare -
spiegò guardandomi negli occhi.
Risi nervoso. - E come faccio? Il mio piano ci ha quasi fatto
ammazzare. - Ero demoralizzato, non capivo cosa fosse andato storto.
- Ho sentito del vostro piano. Era molto buono. Il problema stava nel
fatto che i vostri avversari erano troppo forti di voi. Ora ti svelo
un piccolo segreto, ragazza: più una strega è forte e più tende a
commettere errori. Usa questi errori a tuo vantaggio. - Mi fece
l'occhiolino.
Gli sorrisi. - Okay! Ora vado, torno a casa e ci penserò su. Grazie!
- gli feci con sincerità. Non avevo capito cosa intendesse dire ma
feci finta di nulla.
- È incredibile quello che sto per dire... Grazie a te per aver
combattuto con noi! - Mi strinse forte l'avambraccio. Ricambiai il
gesto e uscii dalla stanza.
Quando Jolene e Valentine si ripresero tornammo a casa. Tutti e
quattro sapevamo di aver fallito e nessuno riusciva a dire una parola
durante il tragitto. L'unica cosa positiva di quella giornata era il
termine delle ostilità da parte della cellula crociata di New
Orleans. La guerra in questa città ormai era finita.
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