26 Marzo 1956
Nei due giorni
successivi Samari era riuscita a tornare a casa e io ero riuscita con
qualche difficoltà ad evitare Joseph. Speravo di non vederlo più e
lasciargli vivere la sua vita. Il terzo giorno però si presentò
davanti al bancone.
- Tu non ti
arrendi mai? - sbuffai infastidita.
- Con te? No,
mai! - rispose Joseph tirando fuori del denaro.
- Perché non
mi lasci in pace? - continuai strappandogli i soldi dalle mani.
- Perché io...
- cercò di dire ma fu fermato dall'abbraccio di un uomo di
trent'anni.
L'uomo aveva un
vestito nero e un cappello alla modo di quel tempo, sul viso aveva
una cicatrice lungo tutta la guancia. Sembrava averne passate tante
in gioventù.
- Porca troia!
Sei Deraneau? Il nostro piccolo Joseph Deraneau? Cristo santo, sei
diventato un uomo. Ma guardati. - gli urlò strattonandolo.
- Jackson... -
lo salutò Joseph.
- Come te la
passi nel mondo che abbiamo contribuito a creare? - continuò
Jackson.
- Sono venuto a
trovare una persona a me cara. - rispose togliendo lo sguardo da me.
Per un attimo
mi sentii imbarazzata, sembrava stesse parlando di me ma scacciai
quel pensiero. Preparai un caffè a Joseph e glielo misi davanti. -
Vi - Mi schiarii la voce. - Vi conoscete?
L'uomo mi
guardò incredulo. - E tu conosci questo qui? Amico, hai fatto
tombola è davvero un angelo questa ragazza. Comunque, tesoro, sì
conosco il tuo fidanzato. - mi sorrise.
- Non è il
mio... fidanzato! - ero ufficialmente in imbarazzo.
- Sì, come no.
- Poi si avvicinò a me. - Vuoi sapere un segreto? Questo piccolo
stronzetto cagato male ha salvato la vita a me e ad altri cinquecento
figli di puttana massacrando un intero battaglione tedesco durante lo
sbarco in Europa. Ha fatto il giro largo, ha scalato la costa a
strapiombo e ha preso alle spalle quei merdosi nazisti armato solo di
una spada. Deraneau, che tipo di spada era? - gli chiese infine.
Joseph mi
guardò per un istante ma poi voltò lo sguardo. - Una sciabola
settecentesca della mia famiglia, ma avevo anche un pugnale
dell'esercito rubato da un cadavere. - provò a giustificarsi, come
se avere un coltello in più potesse cambiare la prospettiva.
- Andiamo, non
fare il modesto. Hai eliminato cento di quei bastardi compresa una
mitraglietta puntata su di noi, e avevi solo undici anni. Ci hai
letteralmente salvati. Sei un eroe. - continuò a elogiarlo Jackson.
Io ero rimasta
stupefatta da quella storia, mi sembrava di sentire una delle
battaglie di Evaline e della sua incredibile abilità nel maneggiare
la sua Honjo Masamune.
Avevo lo
sguardo fisso su Joseph quando sentii uno sparo. Mi girai d'istinto e
vidi Cecilia cadere a terra, non si muoveva e la chiazza di sangue
era enorme. Mi misi una mano sulla bocca per evitare di gridare. Poi
spostai lo sguardo verso chi aveva sparato: erano cinque individui
con dei passamontagna neri sulla testa e armati di fucili e pistole.
Notai che uno di loro era una donna dal formoso seno e dalla voce. I
clienti cominciarono a urlare.
Uno dei
rapinatori sparò in aria. - Fate silenzio, questa è una cazzo di
rapina.
Un altro
rapinatore puntò la pistola verso Mandy. - Avanti troia, svuota la
cassa. Veloce. - le intimò. Lei presa dal panico aprì la cassa e
comincio a riempire il sacco che il rapinatore le aveva dato.
Quello che
aveva sparato a Cecilia si avvicinò a noi tre assieme a un suo
collega che mandò in cucina. Subito dopo udii due spari e il
rapinatore tornò in sala coperto di sangue.
- Tu, con
l'abito elegante, levati dal cazzo. - gli fece il capo dei
rapinatori.
Jackson mi fece
l'occhiolino. - E se non volessi?
L'uomo gli
puntò la pistola alla testa. - Se non ti levi dai coglioni ti
spappolo quel cervello da bianco che ti ritrovi.
Jackson alzò
le mani e guardò Joseph che a sua volta mi fece un cenno verso il
coltello lungo sul tagliere dietro di me.
Poi Jackson si
alzò dallo sgabello e si girò verso il rapinatore. - Quindi sei uno
dei sostenitori di quel King, eh?
- Sta zitto,
bianco! - gli sbraitò.
- Okay, amico.
Ma sai che c'è? Io non credo che il tuo grande eroe vorrebbe che ti
comporti come un prepotente. Uccidere bianchi non farà altro che
istigare odio verso di voi, no? - provò a calmarlo.
- Ho detto: sta
zitto! - e l'uomo tirò indietro il cane della pistola.
- Okay. -
rispose Jackson e si ammutolì per qualche secondo finché l'uomo non
si distrasse da un altro cliente. - Ehi, senti dovrei fare una
pisciata, come faccio?
- Cos... - Il
rapinatore non riuscì a finire la frase, Jackson gli aveva tirato un
pugno in faccia.
Il rapinatore
cadde a terra tramortito, io presi il coltello, lo lanciai verso
Joseph dalla parte del manico e lui lo afferrò al volo mettendosi in
guardia. Un secondo malvivente, quello che aveva sparato in cucina,
si gettò su Jackson che cercò di prendergli la pistola. Nella
colluttazione partì un colpo che trapassò il cranio d Jackson
sparpagliando materia cerebrale sul pavimento, fortunatamente la
traiettoria del proiettile era verso l'alto e non colpì nessun
altro.
Gridai
dall'orrore, poi guardai Joseph: era in preda all'ira e tremava. Un
secondo dopo si scagliò l'assassino del suo amico che preso alla
sprovvista provò a rialzare la pistola, ma Joseph era stato più
veloce. Con un taglio netto e preciso gli recise la carotide.
Il capo dei
rapinatori si riprese e alzò la pistola verso Joseph, ma lui,
sfruttando una rotazione su se stesso, riuscì a conficcargli la lama
nell'orbita destra.
Gli altri tre,
presi dal panico, scapparono lasciando le armi a terra. Joseph
disincastrò il coltello dalla testa del cadavere e corse
all'inseguimento.
- Mandy, chiama
la polizia io cerco di fermare Joseph. - provai a dirle ma sembrava
catatonica. - Ehi, Mandy. La polizia. Subito. - la strattonai.
Quando vidi che
si stava riprendendo mi tolsi le scarpe e corsi fuori. Superammo
Canal Street ed entrammo nel territorio della comunità cinese. I
piedi mi facevano male ma continuai a correre per le viette interne
ma non trovammo nulla. Per un attimo io e Joseph pensammo fossero
spariti, poi sentimmo delle urla a poche vie da dove ci trovavamo
noi.
Con un ultimo
sforzo raggiungemmo il vicolo dove trovammo due cadaveri decapitati e
due teste avvolte dai passamontagna. La ragazza era in fondo al
vicolo circondata da due persone: un uomo e una donna.
- Ehi, voi.
Fermi, non fatele del male. - urlai.
I due si
girarono verso di me, erano asiatici e uno più grande dell'altra, la
ragazza aveva una katana con il fodero bianco e il suo viso era
bellissimo. - E voi chi siete? - chiese.
Osservai la
spada riconoscendola subito, era la Honjo Masamune. - Tu sei Akemi...
- sussurrai. Ne avevo sentito parlare da Kaileena ma non mi sarei mai
immaginata di poterla incontrare.
- Come sai il
mio nome? - continuò a chiedere.
Joseph si mise
davanti a me. - Io mi chiamo Joseph e lei è Tess. Volevamo
catturare... ehm, quei rapinatori. I loro compari hanno appena ucciso
un mio conoscente. - spiegò.
Akemi lo guardò
attentamente. - Non stai dicendo tutta la verità.
Il ragazzo
cinese mise una mano sulla spalla di Akemi. - Due sono lì e la terza
e là. Sono tutti vostri. - e ci lasciarono passare.
Appena riuscii
ad avvicinarmi notai subito che il ragazzo era affetto da strabismo
su un occhio. - Mei? - feci stupefatta.
Non conoscevo
il vecchio Mei come Evaline e gli altri ma sapevo che per loro era
stata una tragedia quando era morto nel Massacro della Città dei
Morti. Da quello che avevo intuito era un membro esterno della
congrega nonché un punto di riferimento per tutti.
- Va bene, ne
ho abbastanza. Ora mi spieghi chi sei e perché conosci i nostri
nomi? - continuò Akemi. Il suo carattere assomigliava molto a quello
di Kaileena, e la cosa mi fece un po' sorridere.
- Sono una che
sa molto del futuro... - mi sbrigai a rispondere. Akemi guardò Mei
ma non mi disse nulla.
Andai vicino
alla rapinatrice ma quando la guardai negli occhi riconobbi subito di
chi erano.
- Perché,
Samari? - le chiesi. Mi sentivo tradita, le avevo offerto un tetto e
un letto, l'avevo consolata, le avevo dato la mia fiducia e li
l'aveva gettata via.
Samari si tolse
il passamontagna. - Il Reggente me lo ha imposto, non potevo
rifiutare o ti avrebbe uccisa. Mi dispiace tanto. - Era in lacrime ma
io non riuscivo a sentire se mentiva.
- E chi è
questo Reggente? - continuai. Lei abbassò lo sguardo e non rispose.
Mi girai verso
Joseph. - Dice la verità?
- Sì. -
rispose. Sospirai, dovevo fare quella che andava fatto e la cosa mi
faceva ancora più male.
In quel momento
sentii una mano sulla spalla. - Sei un Oracolo? - mi chiese Akemi.
- Qualcosa del
genere... - le risposi senza togliere gli occhi da Samari.
Dopo un paio di
minuti Mei andò a chiamare la polizia che prese in custodia Samari e
la portò in prigione con l'accusa di rapina e duplice omicidio. Mei
e Akemi erano già spariti da tempo e Joseph si liberò del coltello,
non che servisse in quel periodo: se eri un bianco contro un nero tu
avevi ragione a priori anche con l'arma del delitto in mano.