27 Agosto 1971
Come accordato,
negli anni successivi Mei non si fece più sentire e noi non lo
avevamo più contattato, Samari, invece, aveva continuato a farci
visita e a chiederci aiuto durante le crisi delle congreghe sotto la
sua protezione. Ma anche questa collaborazione si affievolì con il
passare del tempo.
Col passare
degli anni Io e Joseph avevamo trovato la stabilità economica e
sentimentale. Era stata dura ma alla fine ce l'avevamo fatta.
Nel '71 rimasi
incinta, quando lo scoprii fu un giorno meraviglioso sia per me che
per Joseph.
Il giorno della
nascita andai all'ospedale, mi si erano rotte le acque il pomeriggio
e verso sera ero già in sala parto. Scoprii che far nascere un
bambino in modo naturale richiedeva una soglia del dolore davvero
alta. Chiusi gli occhi, strinsi la mano di mio marito e cominciai a
spingere e urlare.
Quando
finalmente sentii il primo vagito di mio figlio aprii gli occhi e
guardai Joseph che mi accarezzava il viso. Poi guardai verso i
dottori e notai che avevano le facce attonite.
- Che c'è?
Cosa succede? - chiesi preoccupata.
Joseph andò a
controllare e tornò da me. - C'è un piccolo problemino... Nella mia
famiglia ci sono state delle nascite un po' ambigue e credo di aver
trasmesso questa cosa a nostro figlio. - mi spiegò lui mentre mi
portavano mio figlio.
Scostai
l'asciugamano che gli copriva il visetto e capii cosa volesse dire:
era affetto da albinismo. Era un bellissimo bambino color latte con
occhi rossi e pieni di vita. Scoppiai a piangere dalla gioia.
Joseph gli
diede il nome più strano che avessi mai sentito, Murphen, come il
nome di un suo amico che si era preso una pallottola in testa al
posto suo durante la seconda guerra mondiale.
Passai le
successive sei ore a dormire. Al mattino le infermiere mi portarono
Murphen per allattarlo e insegnarmi come fare quando Joseph entrò in
camera.
- Posso
entrare? - mi chiese con una ombra in viso.
- Perché lo
chiedi se ormai sei già entrato? - lo rimproverai sorridendogli.
Speravo di tirargli su il morale.
Lui si sedette
vicino a me, mi prese la mano e coccolò nostro figlio. - Ha il tuo
naso.
- Sì, hai
ragione. - Sorrisi guardando mio figlio che succhiava avidamente il
latte materno. - Che cos'hai? - gli chiesi tornando seria.
Joseph fece un
profondo respiro. - Due settimane fa è arrivata una lettera
dell'esercito. Diceva che ogni veterano di guerra doveva tornare sul
campo.
- E dove ti
manderanno? - Avevo paura di chiederlo e di confermare le mie
ipotesi.
- Vietnam. -
rispose lui.
Lo fissai a
bocca aperta. Sapevo perfettamente che in quel periodo in Vietnam
l'aspettativa di vita di un soldato americano era di massimo due
settimane e che l'America stava perdendo.
- No... tu non
ci vai. Non adesso... - gli dissi indicando nostro figlio.
- Ma io devo.
Altrimenti entrambi perderemo la cittadinanza e Murphen verrà
adottato. - spiegò Joseph. Si stava per mettere a piangere per la
frustrazione.
Mi avvicinai
per baciarlo e lui ricambiò. Lo abbracciai con il braccio libero
senza dire nulla perché parlare non sarebbe servito a niente.
Quattro mesi
dopo Joseph partì per andare in guerra. Quel giorno lo baciai
sperando cambiasse idea e tornasse indietro, ma lui prese la sua
borsa e salì sull'aereo.
Il mattino del
6 maggio del '75 sentii bussare alla porta di casa. Andai ad aprire
trovandomi davanti un ufficiale con il cappello sottobraccio.
- Salve, cosa
vuole? - salutai.
- Lei è la
signora Deraneau? - mi chiese.
- Sì, sono io.
- gli risposi.
Lui fece un
sorriso forzato. - Sono il tenente Mark Tomson, il diretto superiore
di suo marito. Devo comunicarle che il 30 aprile di quest'anno il
marine Joseph Deraneau ha perso la vita durate l'evacuazione della
base operativa.
Il cuore mi si
fermò nel petto, per quattro anni ho avuto quella terribile
sensazione che no avrei più rivisto Joseph. Mi accasciai a terra, le
gambe non riuscivano a tenermi in piedi.
L'uomo continuò
a parlare. - Verrà... verrà insignito della medaglia d'onore e
pagheremo noi il funerale che sarà a bara chiusa, purtroppo non
siamo riusciti a trovare il corpo. - poi mi abbracciò e mi disse: -
Con il suo sacrificio Deraneau ha salvato un migliaio di vite.
Signora, può essere sicuramente orgogliosa di suo marito.
Io non riuscivo
a parlare o a respirare. Il petto mi faceva male e scoppiai in un
urlo straziante. Con la morte del mio amato Joseph l'era delle
Leggende era ormai finita.
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