1 Luglio 1992
Ero riuscita,
da sola, a tirare su un fantastico uomo. Purtroppo Murphen non
riusciva a perdonarmi di aver lasciato morire suo padre a migliaia di
chilometri di distanza da noi e quindi, appena adulto, se ne andò di
casa. Avevo fatto del mio meglio per dargli un'istruzione e una
educazione, ho fatto tutti i lavori che questo corpo riusciva a
concedermi ma ne è valsa davvero la pena.
Da sempre ha
avuto la passione della cucina ed è diventato un bravo chef. Nel
ristorante dove lavorava aveva incontrato una ragazza di nome Mikela
e avevano cominciato una relazione, anche con dei periodi turbolenti.
Ma Murphen non si è mai arreso con lei e l'amava così tanto che
molte volte mi faceva tornare a quando Joseph ed io abitavamo vicino
al Vallo di Adriano.
Alla fine
Murphen sposò Mikela e andarono a vivere assieme. Non gli dissi mai
la verità su di me o su suo padre ma il livello con cui maneggiava i
coltelli era alla pari di Joseph.
Io, invece,
restai da sola per mia scelta, volevo aiutare le persone come meglio
potevo anche se ormai avevo cinquantadue anni e gli atti di eroismo
erano esclusi. Provai a fare quello che sapevo fare bene, conoscere
il futuro. Durante i mesi passati con Evaline e gli altri mi ero
immersa nella lettura, leggevo di tutto, quindi ne sapevo abbastanza
per sembrare credibile.
Dopo qualche
anno il Gran Circolo di Era mi chiese di unirmi a loro. Io accettai,
preferivo avere sotto controllo Era che essere del tutto esclusa.
A giugno del 92
il Gran Circolo mi mandò una lettera che diceva di avermi assegnato
una guardia del corpo. Alla mia porta si fece trovare un giovane uomo
sulla trentina, alto e moro, con due intensi occhi marroni.
- Quindi sei tu
la mia balia, eh? - lo salutai.
- È per la sua
sicurezza. Gli Oracoli sono più unici che rari, la Sacerdotessa Era
vuole assicurarsi che rimaniate fuori dai problemi di questa città.
- rispose lui con garbo. Il suo modo di fare era simile a un
maggiordomo, la sua voce era calma e le parole ben ponderate.
- Che tradotto
significa: non metterti nei casini e renditi disponibile in caso ne
avessi bisogno. - Lo fissai negli occhi. Sapevo che era vero, non ero
così stupida da credere alla favola della sicurezza.
Lui non rispose
e io chiusi la porta dietro di me. Dovevo uscire per delle faccende
da sbrigare ed ero in ritardo.
Mi fermai e mi
girai verso di lui. - Come ti chiami? - gli chiesi.
- Steve...
Steve Monrou, signora. - rispose.
- Cosa fai lì
impalato? Se devi proteggermi devi anche seguirmi. - lo rimproverai e
continuai per la mia strada.
Si propose per
farmi da autista e la cosa mi rese contenta, odiavo guidare. Feci il
giro delle comunità e degli ospedali, il mio lavoro consisteva nello
dare conforto ai malati e dare speranza ai molti veterani di guerra
nei centri d'accoglienza.
In uno di quei
centri incontrai un ragazzo biondo dagli occhi azzurri e penetranti.
- E tu che ci fai qui, ragazzo? - gli chiesi.
Inizialmente il
ragazzo non rispose, poi, grazie anche alla mia insistenza mi
rispose: - Sono un soldato di fanteria tornato dalla Bosnia, mi hanno
ordinato di disintossicarmi e di entrare in marina.
Sembrava non
crederci molto ed era normale perché sapevo bene che non era la
normale prassi. Un soldato tossicodipendente viene cacciato
dall'esercito, non dislocato.
- Come ti
chiami soldato? - chiesi ancora.
Il ragazzo si
mise sull'attenti. - Nathan James, signora.
A sentire
nominare quel nome rimasi di stucco. Il capitano della USS Samaritan
nonché priore della cellula Inquisitoria di stazza a New Orleans
nel 2015.
Feci
un bel respiro e mi misi a ridere, sapevo che tipo di persona sarebbe
stata. - Scusami. Nathan, ti dirò una cosa, poi starà a te crederci
oppure no. Diventerai u grande capitano un giorno. E ricorda: se un
giorno dovessi incontrare una giovane donna dagli occhi viola sappi
che è una brava persona e che avrà bisogno del tuo aiuto e della
tua amicizia. - Lo fissai negli occhi per imprimerglielo bene in
testa.
-
Lo prenderò come mio primo vero ordine da parte di un mio superiore,
signora. - disse lui e mi fece di nuovo il saluto militare.
-
Conosce quel ragazzo? - mi fece Steve.
-
No. Ma lui sarà importante un giorno. - gli risposi.
Sapevo
che Nathan diceva seriamente perché conoscevo bene il suo
comportamento e fare il saluto militare per lui equivaleva ad
adempiere a un giuramento solenne.
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