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mercoledì 3 gennaio 2018

[Spinoff] Episodio 18





Per tutto il tragitto avevo avuto continui pensieri come: Gli avranno fatto del male? Sicuramente è morto. Non lo rivedrò mai più, e la cosa mi spaventava. Tutte le persone a cui volevo bene facevano sempre una brutta fine. Alla fine riuscii a scacciare quei pensieri, grazie all'addestramento militare che avevo ricevuto, con un pensiero che surclassava gli altri: La mia missione è salvarlo, il resto non è contemplato.
Per arrivare a Houston ci misi due giornate, era strano ritrovarmi in una metropoli americana così grande e con palazzi così alti da farmi venire le vertigini a guardarli. A differenza di New Orleans, Houston aveva una struttura semplice e chiunque, con un po' di cervello, poteva trovare il suo obbiettivo senza sudare troppo.
Un male per loro, una fortuna per me, pensai mentre percorrevo la Main Street.
Trovai un Motel di terza categoria vicino a una delle vie principali della città e, dopo aver riposato qualche ora, mi misi a cercare notizie nei bassifondi. Sapevo bene che se volevo informazioni in una nuova città era sempre il metodo più veloce e attendibile per trovarle.
Feci vari buchi nell'acqua finché non arrivai ad un vicolo pieno di barboni e malviventi. Ci entrai quasi del tutto scoraggiata e, percorso qualche metro, da una porta in acciaio sbucò un uomo sulla quarantina e vestito con pantaloni e giacca di pelle scuri.
- Ma ciao bambola - sogghignò eccitato l'uomo.
Io mi fermai e svogliata mi girai verso di lui senza parlare.
- Sei davvero uno schianto. Il tuo pappone ti fa andare in giro come se niente fosse o sei scappata? - mi chiese leccandosi le labbra.
- Ti sembro forse una puttana, stronzo? - gli chiesi di rimando.
Lui fece un passo in avanti. - Se non sei una puttana allora sei capitata nella parte sbagliata della città, mio piccolo involtino cinese. - Sorrise.
Dietro di me percepii due forze vitali molto deboli, sembravano semplici umani. - Vi conviene lasciarmi passare, non sono dell'umore giusto per giocare con voi - gli risposi.
Lui si mise a ridere. - Io dico che ti conviene venire dentro. - E mi fece uno sguardo eloquente, sapeva che stavo cercando qualcuno.
Mi decisi ed entrai nell'edificio senza dire nulla. L'interno era un semplice condominio con un corridoio e varie porte, l'uomo mi condusse verso l'ultima a destra. L'appartamento in cui entrai era completamente vuoto tranne che per un divano e un tavolo con quattro sedie.
- Prego, siediti - mi disse l'uomo indicando una delle sedie. - Bene, ora che siamo seduti contrattiamo il tuo servi... - provò a dire.
- Chiudi quella fogna. L'unico contratto che farò con te è: tu mi dici cosa sai e io non ti faccio saltare il cervello - lo guardai negli occhi. Ero seria, stavo perdendo tempo prezioso e la cosa non mi piaceva.
Lui si mise a ridere. - Hai le palle, piccola cinesina dei miei sogni, ma qui sei tra gli adulti e noi non scherziamo.
Sfilai le pistole dalle loro fondine, le poggiai sul tavolo e le puntai verso l'uomo. - Neanch'io.
Lui e i suoi uomini rimasero di sasso. - Non... non le avevate notate prima? - chiese in generale.
- No, capo... - annuì il primo. - Ha un culo da favola e non... - disse il secondo cercando di giustificarsi.
- Idioti. Vedono un bel pezzo di fica cinese e gli va in pappa il cervello - sbottò il loro capo.
Tirai indietro i percussori. - Comincia a parlare. Adesso! - gli urlai.
L'uomo alzò le mani. - Sì, calma, calma. So che c'è una banda nuova in città, sembra che stiano facendo da corrieri per alcuni pezzi grossi. Armi, droga, prostitute, tutto quello che puoi desiderare lo portano loro, zuccherino cinese - continuò a guardarmi il seno.
- Ehi, non chiamarmi più così - scandii bene le parole guardandolo in modo truce. - Dove posso trovare questi corrieri? - gli chiesi.
- A sud c'è un palazzo in mattoni abbandonato, lo riconoscerai dal murales di un Buddha seduto con in fronte una fottuta svastica nazista. Non avrai problemi a trovare quel posto, cinesina - mi rispose.
Di nuovo? Questo stronzo ha bisogno di una lezione, pensai infuriata. Mi alzai e senza dire nulla mi avvicinai all'uomo e gli appoggiai la canna di una delle pistole sul ginocchio. - Sono giapponese, coglione. - E glielo spappolai.
L'uomo urlò di dolore e mi insultò mentre i suoi uomini accorsero per medicarlo, io invece uscii camminando e senza trovare resistenze.
Tornai alla moto e andai verso sud. Cercai il posto che mi avevano descritto ma inizialmente non trovai nulla. Poi, in mezzo ad altri edifici abbandonati, trovai il Buddha seduto. Andai dentro uno degli edifici adiacenti e portai il fucile da cecchino smontabile che avevo messo dentro il sellino della moto.
Col mirino contai i miei obbiettivi. Due erano di guardia, altri tre erano all'interno e l'ultimo stava pisciando su un cespuglio. Sei in tutto, bene, sorrisi.
Sparai i primi due colpi che arrivarono alle teste delle guardie. Un terzo a quello che stava pisciando ed infine gli altri due che erano accorsi a soccorrere i loro compagni. Cinque centri perfetti.
Smontai il fucile e corsi alla moto dove lo lasciai cadere, poi corsi, usando un po' di forza vitale, verso l'edificio col Buddha dove trovai il sesto bersaglio nascosto dietro delle casse d'armi, stava tremando e in mano impugnava un uzi.
Quando premette il grilletto io mi riparai dietro una colonna portante del palazzo e aspettai che finisse i proiettili per ricaricare. Quando finì di sparare, presi un bel respiro, uscii allo scoperto e mirai alla spalla destra. La mia preda cadde a terra ma si rialzò di nuovo e provò a scappare. Io puntai alle gambe e, dopo qualche colpo a vuoto, lo gambizzai.
Mi avvicinai camminando e ricaricando le pistole. - Hai finito di scappare? - gli chiesi.
- Tu, maledetta puttana. La pagherai per aver distrutto la mia congrega - sbraitò lui.
- Potevate non mettervi in affari con gente del genere - gli risposi severa.
Lui ansimò e gemette di dolore. - Mi hai lasciato vivere perché ti servo, quindi che cosa vuoi? - mi chiese esausto.
- Il ragazzo con la maschera con le borchie che avete portato qui da New Orleans due giorni fa, dov'è? - gli chiesi puntandogli una pistola alla testa.
- Ragazzo? Quale ragazzo? - mi chiese sperando non capissi che stava mentendo.
Io tirai indietro il cane e lo fissai negli occhi. - Vuoi tentare di nuovo?
- È... è al molo in un magazzino controllato dal Gran Circolo del Texas - mi ripose. - Ma non ne uscirai viva, stupida puttana - si mise a ridere isterico.
- Grazie! - gli dissi e feci per andarmene, poi mi girai e gli sparai in fronte. - E nella prossima vita non insultare chi ti punta una pistola addosso.
Cercai tra le casse di armi quello che poteva servirmi: alcune granate, un fucile tattico e caricatori pieni, proiettili per le mie pistole e due uzi con caricatori. Misi tutto in una borsa e tornai al Motel per organizzarmi. Avrei fatto di tutto per salvare Warren.


Per chi volesse contribuire in questo modo all'editing dei libri: Grazie mille.


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