In realtà, da quando avevo incontrato i Cani da Guardia avevo
sentito una strana sensazione, come se all'improvviso dovesse
succedere l'irreparabile. Presi le mie cose e quelle di Warren e le
gettai alla rinfusa nello zaino che mi ero portata.
Feci per uscire dalla stanza quando lui mi bloccò per il braccio, mi
girò la testa e mi baciò per alcuni secondi. - Ti sei calmata? - mi
chiese.
- No, non posso stare calma. Io devo... devo tenervi al sicuro - gli
risposi guardandolo negli occhi. Era colpa mia se si facevano male, o
peggio.
Mi avvolse il viso con le mai. - Ascolta, anche se corressimo alla
massima velocità, quanto ci impiegheremo a tornare a New Orleans? -
mi chiese di nuovo.
- Se partiamo subito, arriveremo domani mattina - gli risposi ancora
agitata.
- Bene, e in questo lasso di tempo non potresti fare comunque nulla,
giusto? - fece lui.
Annuii. Sapevo dove stava andando a parare.
- Quindi è inutile agitarsi, no? - continuò il ragazzo.
Aveva ragione, anche se avessi corso come una pazza non avrei potuto
fare nulla. Presi un profondo respiro e mi calmai. - Sì, scusa - gli
sorrisi.
- Tranquilla. Se questo è l'unico momento che ho per farti da
ragazzo, tanto vale aiutarti a non perdere la testa - mi fece
l'occhiolino. Poi mi lasciò andare, aprì lo zaino, prese i vestiti
che gli avevo comprato e se li mise. Infine prese la maschera e la
indossò.
Ero così agitata che non mi ero resa conto che Warren era rimasto
nudo per tutto il tempo. Con le ferite che aveva non era bene che
stesse nudo. Per un attimo mi stupii del carico di stress che poteva
portare una come Evaline, sempre in ansia per ogni membro della
congrega. Ha davvero una gran forza quella ragazza, pensai.
Mezz'ora dopo eravamo partiti per New Orleans.
Come previsto arrivammo in mattinata del giorno dopo.
Quando entrammo nella base l'atmosfera era glaciale, Amita era
sdraiata sul divano con una trapunta a farle da coperta e fissava il
vuoto, Alan guardava il suo schermo con le mai giunte davanti alla
bocca.
Mi avvicinai di qualche passo. - Lo avete trovato? - chiesi con un
po' di timore.
Alan mi fece di sì con la testa e mi indicò lo schermo con un dito.
Andai a vedere cosa voleva e appena lo raggiunsi fece avviare un
video di sorveglianza. Inizialmente non c'era nessuno, poi si
intravvide una figura di spalle.
- Chi è? - chiesi ad Alan.
- Den! - rispose secco.
Nel vide, Den sembrava stesse aspettando qualcuno che non fece tardi
ad apparire. La seconda figura aveva qualcosa di famigliare ma non
riuscii a capirlo per via del berretto che indossava e la risoluzione
che era pessima. Improvvisamente Den iniziò a urlare qualcosa,
purtroppo l'audio non c'era, ed infine provò a colpire l'uomo.
L'individuo col berretto riuscì a spingere lontano il ragazzo che
provò subito dopo a caricare l'avversario. L'uomo fece un gesto con
le mani e trapassò il petto di Den con una saetta. Il corpo del
ragazzo cadde a terra con la ferita ancora fumante.
Per un istante l'uomo alzò la testa e distrusse la telecamera, ma io
lo riconobbi subito: il Reggente.
- Oddio - sbottò Warren.
- Hanno trovato il corpo? - chiesi.
- Sì, ieri pomeriggio. Aveva un foro cauterizzato all'altezza del
cuore. È morto sul colpo - mi rispose Alan senza mai alzare gli
occhi dall'immagine del responsabile.
- Cristo santo! - commentò Warren.
- Gesù non centra un bel niente, questo è un tentativo molto goffo
di liberarsi dei testimoni scomodi - replicò Alan con falsa
freddezza. In realtà sapevo che stava ribollendo di rabbia.
- Tranquillo, so chi è l'assassino. È il capo della Coalizione del
Bayou, Chuck Mandes alias il Reggente - gli dissi mettendogli una
mano sulla spalla.
- Coalizione del Bayou? - mi chiese Warren.
- È una specie di alleanza forzata, attraverso un complicato rito o
roba del genere, di quattro congreghe molto antiche. Il Reggente è
il capo di queste congreghe - spiegai.
Warren fece sì con la testa, ma sapevo che non c'aveva capito nulla.
- E come sta Amita? - chiesi infine.
- È catatonica da quando lo abbiamo saputo - rispose Alan.
Era comprensibile, il suo ragazzo era stato brutalmente ucciso da una
persona che sapeva scagliare fulmini dalle mani, per la maggior parte
delle persone sarebbe impossibile da credere anche se lo vedesse con
i propri occhi.
Le andai vicino, era giunta l'ora per lei di affrontare un discorso
che potrebbe distruggerla completamente. - Mi dispiace tanto, Amita -
le spostai una ciocca di capelli dal viso.
- Lo sai, è stato lui a riunirci per combattere la Compagnia. Aveva
perso la sorella per colpa delle attrezzature difettose comprate da
loro. Aveva solo sette anni - mi raccontò.
- Capisco - risposi.
- Davvero? Hai mai amato in vita tua, soldatina? - mi chiese con
disprezzo.
- E tu, amavi Den? - Dovevo iniziare prima o poi.
Lei mi guardò furiosa. - Ovvio che sì - rispose.
- Sicura? - continuai.
- Perché insisti? - mi urlò. - Sì, lo amavo. Stavamo bene insieme.
Era il mio Den, capisci? Era... era... - Più continuava a parlare e
più la sua sicurezza veniva meno.
Aspettai che si calmasse poi diedi con calma la mia spiegazione per
il mio atteggiamento: - Vedi, spesso le Streghe Chiaroveggenti
inesperte credono di provare sentimenti per qualcuno, ma in realtà
si tratta di altro. Il dono di questo tipo di strega è famoso per
predire la morte di altre persone.
- Quindi stai dicendo che stavo con lui perché ho scambiato l'amore
con la pietà? - sembrava disgustata dalla mia spiegazione.
- Inconsciamente, sì - le risposi schietta fissandola negli occhi.
Lei cambiò lentamente espressione, riusciva a sentire che non stavo
mentendo. - Sembra più una maledizione che un dono.
Annuii, sapevo che per lei era dura da accettare ma forse potevo
alleggerirle un o' il peso da portare. - Devo chiederti una cosa?
- Hai fatto trenta... - rispose al limite della sopportazione.
- Devi decidere tu. Vuoi che il colpevole venga arrestato o vuoi che
lo uccida? - le chiesi.
Lei fissò il vuoto qualche secondo per decidere, poi si alzò, mi
prese la maglia e avvicinò il suo viso al mio, aveva gli occhi
iniettati di sangue. - Uccidi quel figlio di puttana e fa in modo che
soffra il più a lungo possibile.
Sorrisi, era quello che speravo di sentire. - Sarà fatto!
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