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mercoledì 2 maggio 2018

[Spinoff] Episodio 35


Il camion dell'immondizia che avevamo rubato e modificato nella settimana precedente era rumoroso, sembrava la cinghia del motore usurata. Ma per quello che doveva fare non serviva che fosse in perfette condizioni.
Warren era accanto a me con la sua maschera e gli occhiali con l'emoticon divertita che guidava fischiettando una canzone che davano alla radio.
- Cos'hai? - mi chiese.
- Cosa? - gli feci interrompendo i pensieri che mi passavano per la testa.
- È da quando siamo partiti che ansimi come una liceale innamorata, cos'hai? - specificò lui.
- Niente. Stavo solo pensando che forse era meglio se non vi avessi mai coinvolti in tutto questo - gli risposi.
- Sì, sarebbe stato meglio. Però se non lo avessi fatto a quest'ora saremmo stati tutti cibo per gli alligatori... o peggio. E poi non avremmo mai vissuto davvero. Saremmo rimasti in uno stupido garage ad hackerare inutilmente gente finché qualcuno non ci avrebbe preso o ucciso. - spiegò Warren.
- Guarda che il mondo delle streghe è proprio un posto dove potresti morire anche domani - replicai.
- Lo so. Lo ripeti fin troppe volte per dimenticarlo. Ma almeno il tuo mondo non è finto o pieno di maschere come nella società odierna. È selvaggio, genuino e devi essere forte per sopravvivere, ma soprattutto i legami restano per la vita, nel bene o nel male. È terrificante ed eccitante allo stesso tempo e sono felice di farne parte con i miei amici. Preferisco vivere poco nel tuo mondo che morire un giorno alla volta nel mondo normale. - mi disse Warren.
Sorrisi a quella spiegazione, era un bel modo di vedere il lato positivo del mondo delle streghe. - Se lo dici tu... - mi limitai a dire tornando a guardare la palude.
Arrivammo alla cittadina e ci fermammo sulla strada davanti l'entrata del forte. Alan avrebbe deviato il traffico per dieci minuti per evitare inutili incidenti.
- Siamo pronti? - fece Warren al cellulare collegato in chat con quello di Alan e Amita. - Bene.
L'entrata del forte era a cinquecento metri davanti a noi e chiusa da un cancello in legno scuro, sfondarlo col rostro che avevamo costruito e posizionato sull'elevatore anteriore del camion non sarebbe stato difficile.
- Questo piano è una follia - sbottai. Il problema erano gli uomini armati e le streghe che avremo incontrato all'interno.
- Andiamo, cherié, ti stai divertendo, dì la verità - rispose Warren mentre metteva “They're Coming To Take Me Away” sul cellulare.
- Scherzi, vero? - gli chiesi.
- Che c'è? Piano folle, canzone folle - mi rispose pigiando sull'acceleratore e sorridendo.
Mi misi in posizione tale da attutire il più possibile l'imminente impatto. Pezzi di legno e spranghe di ferro volarono ovunque mentre sfondavamo l'entrata e proseguivamo verso l'edificio più grande per poi schiantarci sul muro. Nonostante le precauzioni e i rinforzi all'interno dell'abitacolo la botta ci fece perdere i sensi per qualche secondo.
Scrollai la testa per farla smettere di girare notando dallo specchietto laterale che degli uomini stavano per raggiungerci. Guardai Warren cercare il cellulare e, una volta trovato, schiacciare lo schermo per aprire il retro del camion e attivare i centinaia di droni che avevamo programmato.
Tirai fuori le armi e uscii mirando ai primi due uomini che mi stavano per sparare. Caddero a terra morti con una ferita al petto e alla testa.
È un piano suicida, pensai mentre sentivo le gambe tremare.
Barcollando feci il giro stando attenta a non colpire i droni e raggiunsi il terzo uomo che colpii con il calcio della pistola prima che aggredisse Warren. Quando cadde a terra lo uccisi sferrandogli un calcio alla gola.
- Grazie - mi fece Warren sorpreso.
- Concentrati. Ora devi dare una mano a Amita per ripulire l'esterno, chiaro? - gli ordinai.
Lui annuì cercando di riprendere il controllo e, imbracciando l'arma del terzo uomo morto, cominciò a sparare alle vedette sopra i muri.
Io notai un'enorme vetrata antica, diedi una pacca sulla spalla a Warren per segnalargli che mi stavo per muovere e che mi serviva copertura. Lui sparò una breve raffica e io scattai verso la vetrata. Sparai quattro colpi per indebolire la struttura e con un mattone la mandai in frantumi.
Entrai nell'edificio, era una antica chiesa riconvertita in sala per vasche per creare streghe impazzite. Cercando di percorrere il più in fretta possibile la stanza, ma quattro uomini armati di armati di coltelli e spranghe di ferro mi si pararono davanti.
Non ho tempo per questo, pensai scocciata.
Rimasi immobile per qualche secondo, poi scattai verso una delle vasche per prendere lo slancio e scaricai entrambi i caricatori sui primi due uomini che stramazzarono al suolo in una pozza di sangue. Gli ultimi due, armati di coltelli, provarono ad attaccarmi appena posai i piedi a terra, ma io rotolai di lato e feci una spazzata al primo poi mi rialzai in guardia e diedi un calcio al secondo per allontanarlo.
I due si rialzarono e mi circondarono indecisi su come agire.
- Vi do una possibilità di sopravvivere, se scappate ora non vi seguirò - dissi cercando di guardarmi meglio attorno e trovare qualcosa che potesse essermi utile. L'unica cosa era un tubo penzolante alle mie spalle.
I due si misero a ridere guardandosi a vicenda sardonicamente.
Approfittai di quel momento di distrazione per gettare le pistole a terra, afferrare il tubo e staccarlo dal raccordo con uno strattone. I miei avversari provarono ad accoltellarmi ma con un calcio rovesciato colpii il primo e schivai il secondo di pochi centimetri per poi spaccargli il cranio col tubo. L'ultimo si riprese e provò a scappare.
Eh, no, bello mio. La proposta vale solo una volta, pensai.
Rincorsi il fuggitivo, presi la mira e lanciai il tubo di metallo tra le sue gambe. L'uomo ruzzolò a terra sbattendo il viso sul pavimento. Tossiva e sputava sangue.
Quando mi vide in piedi sopra di lui supplicò: - Ti prego, risparmiami.
Premetti il piede sul suo petto per tenerlo a terra, afferrai di nuovo il tubo e con l'estremità gli trapassai il cranio attraverso l'occhio sussurrandogli: - No!
Ripresi fiato, poi tornai indietro, raccolsi le pistole e le ricaricai. - Amita deve essere arrivata - commentai ad alta voce mentre ascoltavo gli spari all'esterno.

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