Il
camion dell'immondizia che avevamo rubato e modificato nella
settimana precedente era rumoroso, sembrava la cinghia del motore
usurata. Ma per quello che doveva fare non serviva che fosse in
perfette condizioni.
Warren
era accanto a me con la sua maschera e gli occhiali con l'emoticon
divertita che guidava fischiettando una canzone che davano alla
radio.
-
Cos'hai? - mi chiese.
-
Cosa? - gli feci interrompendo i pensieri che mi passavano per la
testa.
-
È da quando siamo partiti che ansimi come una liceale innamorata,
cos'hai? - specificò lui.
-
Niente. Stavo solo pensando che forse era meglio se non vi avessi mai
coinvolti in tutto questo - gli risposi.
-
Sì, sarebbe stato meglio. Però se non lo avessi fatto a quest'ora
saremmo stati tutti cibo per gli alligatori... o peggio. E poi non
avremmo mai vissuto davvero. Saremmo rimasti in uno stupido garage ad
hackerare inutilmente gente finché qualcuno non ci avrebbe preso o
ucciso. - spiegò Warren.
-
Guarda che il mondo delle streghe è proprio un posto dove potresti
morire anche domani - replicai.
-
Lo so. Lo ripeti fin troppe volte per dimenticarlo. Ma almeno il tuo
mondo non è finto o pieno di maschere come nella società odierna. È
selvaggio, genuino e devi essere forte per sopravvivere, ma
soprattutto i legami restano per la vita, nel bene o nel male. È
terrificante ed eccitante allo stesso tempo e sono felice di farne
parte con i miei amici. Preferisco vivere poco nel tuo mondo che
morire un giorno alla volta nel mondo normale. - mi disse Warren.
Sorrisi
a quella spiegazione, era un bel modo di vedere il lato positivo del
mondo delle streghe. - Se lo dici tu... - mi limitai a dire tornando
a guardare la palude.
Arrivammo
alla cittadina e ci fermammo sulla strada davanti l'entrata del
forte. Alan avrebbe deviato il traffico per dieci minuti per evitare
inutili incidenti.
-
Siamo pronti? - fece Warren al cellulare collegato in chat con quello
di Alan e Amita. - Bene.
L'entrata
del forte era a cinquecento metri davanti a noi e chiusa da un
cancello in legno scuro, sfondarlo col rostro che avevamo costruito e
posizionato sull'elevatore anteriore del camion non sarebbe stato
difficile.
-
Questo piano è una follia - sbottai. Il problema erano gli uomini
armati e le streghe che avremo incontrato all'interno.
-
Andiamo, cherié, ti stai divertendo, dì la verità - rispose Warren
mentre metteva “They're Coming To Take Me Away” sul cellulare.
-
Scherzi, vero? - gli chiesi.
-
Che c'è? Piano folle, canzone folle - mi rispose pigiando
sull'acceleratore e sorridendo.
Mi
misi in posizione tale da attutire il più possibile l'imminente
impatto. Pezzi di legno e spranghe di ferro volarono ovunque mentre
sfondavamo l'entrata e proseguivamo verso l'edificio più grande per
poi schiantarci sul muro. Nonostante le precauzioni e i rinforzi
all'interno dell'abitacolo la botta ci fece perdere i sensi per
qualche secondo.
Scrollai
la testa per farla smettere di girare notando dallo specchietto
laterale che degli uomini stavano per raggiungerci. Guardai Warren
cercare il cellulare e, una volta trovato, schiacciare lo schermo per
aprire il retro del camion e attivare i centinaia di droni che
avevamo programmato.
Tirai
fuori le armi e uscii mirando ai primi due uomini che mi stavano per
sparare. Caddero a terra morti con una ferita al petto e alla testa.
È
un piano suicida, pensai mentre sentivo le gambe tremare.
Barcollando
feci il giro stando attenta a non colpire i droni e raggiunsi il
terzo uomo che colpii con il calcio della pistola prima che
aggredisse Warren. Quando cadde a terra lo uccisi sferrandogli un
calcio alla gola.
-
Grazie - mi fece Warren sorpreso.
-
Concentrati. Ora devi dare una mano a Amita per ripulire l'esterno,
chiaro? - gli ordinai.
Lui
annuì cercando di riprendere il controllo e, imbracciando l'arma del
terzo uomo morto, cominciò a sparare alle vedette sopra i muri.
Io
notai un'enorme vetrata antica, diedi una pacca sulla spalla a Warren
per segnalargli che mi stavo per muovere e che mi serviva copertura.
Lui sparò una breve raffica e io scattai verso la vetrata. Sparai
quattro colpi per indebolire la struttura e con un mattone la mandai
in frantumi.
Entrai
nell'edificio, era una antica chiesa riconvertita in sala per vasche
per creare streghe impazzite. Cercando di percorrere il più in
fretta possibile la stanza, ma quattro uomini armati di armati di
coltelli e spranghe di ferro mi si pararono davanti.
Non
ho tempo per questo, pensai scocciata.
Rimasi
immobile per qualche secondo, poi scattai verso una delle vasche per
prendere lo slancio e scaricai entrambi i caricatori sui primi due
uomini che stramazzarono al suolo in una pozza di sangue. Gli ultimi
due, armati di coltelli, provarono ad attaccarmi appena posai i piedi
a terra, ma io rotolai di lato e feci una spazzata al primo poi mi
rialzai in guardia e diedi un calcio al secondo per allontanarlo.
I
due si rialzarono e mi circondarono indecisi su come agire.
-
Vi do una possibilità di sopravvivere, se scappate ora non vi
seguirò - dissi cercando di guardarmi meglio attorno e trovare
qualcosa che potesse essermi utile. L'unica cosa era un tubo
penzolante alle mie spalle.
I
due si misero a ridere guardandosi a vicenda sardonicamente.
Approfittai
di quel momento di distrazione per gettare le pistole a terra,
afferrare il tubo e staccarlo dal raccordo con uno strattone. I miei
avversari provarono ad accoltellarmi ma con un calcio rovesciato
colpii il primo e schivai il secondo di pochi centimetri per poi
spaccargli il cranio col tubo. L'ultimo si riprese e provò a
scappare.
Eh,
no, bello mio. La proposta vale solo una volta, pensai.
Rincorsi
il fuggitivo, presi la mira e lanciai il tubo di metallo tra le sue
gambe. L'uomo ruzzolò a terra sbattendo il viso sul pavimento.
Tossiva e sputava sangue.
Quando
mi vide in piedi sopra di lui supplicò: - Ti prego, risparmiami.
Premetti
il piede sul suo petto per tenerlo a terra, afferrai di nuovo il tubo
e con l'estremità gli trapassai il cranio attraverso l'occhio
sussurrandogli: - No!
Ripresi
fiato, poi tornai indietro, raccolsi le pistole e le ricaricai. -
Amita deve essere arrivata - commentai ad alta voce mentre ascoltavo
gli spari all'esterno.
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