15 Settembre
1961
Erano passati
anni da quella prima notte assieme e molte cose erano cambiate. Io e
Joseph ci eravamo sposati due mesi dopo ma col tempo il nostro
rapporto si era incrinato parecchio. Stavamo ancora assieme ma ci
stavamo lentamente allontanando l'uno dall'altra.
Come gruppo,
invece, assieme a Mei, Akemi e Samari, eravamo ancora uniti. Le
Leggende erano diventate presto gli eroi della città di quel tempo.
Rapimenti, congreghe che superavano il limite, sacrifici di persone
innocenti, tutte situazioni che noi Leggende avevamo gestito al
meglio.
Il Gran Circolo
ci lasciava in pace perché non intralciavamo mai gli interessi di
Era, anzi era incuriosita da noi. Un giorno l'avevamo incrociata
assieme alla sua congrega e aveva espresso la sua curiosità con la
frase: - Cinque streghe che collaborano senza essere una congrega.
Seguirò le vostre avventure per vedere fino a quanto riuscirete a
resistere. - Inutile dire che ci stava prendendo in giro e che la
ritenevo una vera stronza.
Quando vidi
Valentine mi si fermò il cuore, sembrava una persona soggiogata a
Era, senza speranza e sempre triste. Feci semplicemente finta di non
conoscerla.
Era
la metà settembre del 61 e i nostri informatori ci avevano avvertiti
che in un magazzino sul lago
Pontchartrai
smerciava
armi per le bande cittadine ma soprattutto per gli Inquisitori
irregolari, persone che si dilettavano a uccidere streghe al soldo
dei Vescovi.
Arrivammo
di sera per evitare di essere scoperti, le luci erano state fulminate
in precedenza da Samari che era rimasta indietro per la fuga, Mei e
Akemi erano i pali e Joseph mi stava accanto mentre io cercavo di
scassinare la serratura.
-
Ti vuoi muovere? - mi fece Akemi
-
Sto facendo più in fretta che posso. - risposi mentre cercavo di far
scattare l'ultimo perno col grimaldello.
Joseph
si appoggiò sullo stipite della porta. - Ma non avevi detto che una
tua amica te lo aveva insegnato?
-
Sì, è così. Ma, sai, sono passati quattordici anni dall'ultima
volta che l'ho fatto. - gli ringhiai addosso. Odiavo il suo
atteggiamento, come se quella
cosa fosse stata colpa mia. Subito dopo riuscii ad aprire la porta,
mi girai e feci un sorrisetto sardonico a mio marito.
Entrammo
nello stabile, il magazzino era pieno di casse militari e altri
pacchi, fortunatamente era tutto buio e non c'erano guardie in
circolazione. Mei e Akemi aprirono le casse confermando i nostri
sospetti: all'interno c'erano fucili da cecchino, mitragliette,
pistole, i proiettili e altra attrezzatura militare.
Forse
erano destinati ai marine in Vietnam,
pensai costatando la potenza di fuoco depositata in quel posto.
Vidi
Joseph entrare nell'ufficio dello stabile e accendere le luci delle
lampade sulle scrivanie. Io lo raggiunsi e cominciammo a rovistare
alla ricerca di prove. Forzammo le serrature e aprimmo i cassetti di
tutte le scrivanie fino a trovare una cassaforte dietro a un quadro.
In realtà era piuttosto palese che ci fosse nascosto qualcosa, un
enorme quadro in mezzo a dozzine di ritagli di donne nude spiccava
parecchio.
Feci
molta più fatica ad aprire la cassaforte, le tentai tutte finché
Joseph non mi mostrò un biglietto con scritto cinque cifre.
Baciai
Joseph. Che idioti,
non sanno che non si deve lasciare la combinazione in bella vista?,
pensai mentre la aprivo.
All'interno
c'era solo un quaderno con la copertina nera e in nastro dello stesso
colore a chiuderlo. Lo aprii e all'interno c'erano i conti e le cifre
riscosse ai relativi acquirenti, erano tutti nominati tranne uno che
veniva identificato con una macchia nera.
- Che cos'è? -
chiese Joseph.
Lo guardai
negli occhi. - È un libro nero. Conti, soldi e nomi di una
organizzazione illegale sono scritti tutti qui dentro. - gli spiegai.
- Come un
grimorio. - sbottò lui.
- Esatto. - gli
sorrisi.
Chiusi il
quaderno e tornammo da Mei e Akemi. Con quel quaderno avremmo potuto
debellare il traffico di armi alla radice.
- Io ho preso
questo. - feci soddisfatta mostrando il quaderno.
- Noi invece
abbiamo lasciato un regalino ai proprietari di questo posto. Meglio
andarcene ora, prima che vada tutto a fuoco. - rispose Mei aprendo la
porta sul retro.
Una volta
all'esterno e raggiunta la ringhiera mi girai notando le fiamme che
uscivano dalle finestre più alte. Mi affrettai a scavalcare la
recinzione e mi allontanai ulteriormente, quel posto era pieno di
esplosivo e sarebbe saltato in aria in pochi istanti.
Dieci secondi
dopo arrivò Samari a bordo del nuovo furgone di Mei. Salimmo e ce ne
andammo appena prima che il magazzino saltasse in aria.
Passai altri
due giorni a studiare minuziosamente il libro nero usando il metodo
“Stilinski”: collegare tra loro fili colorati per trovare il
perno centrale dell'organizzazione, il muro del nostro soggiorno era
pieno di ritagli di giornale, appunti, e fili.
Alla fine capii
che tutti i fondi da parte di terzi andavano tutti alla misteriosa
macchia nera passando per tre affiliate alla Solar Grup.
Il giorno dopo
andammo tutti alla sede della Solar Grup, entrando notammo che i
maschi erano vestiti in giacca e cravatta e le donne con camicia
bianca e gonna lunga, c'erano tutti i toni di grigio possibili.
Quando mostrai il libro nero alla segretaria ci fece salire fino al
quarto piano dove ad attenderci in corridoio c'era un signore
anziano, di corporatura esile con molte rughe e borse sotto agli
occhi azzurri.
- Signor
Ziegler, ecco i suoi ospiti. - fece la ragazza. Ziegler fece un cenno
col capo e la segretaria se ne andò con la testa abbassata.
- Posso esservi
utile? - chiese con evidente accento tedesco.
Akemi si fece
avanti. - Volevamo discutere con lei di questo quaderno.
L'uomo fece una
faccia stupita palesemente finta. - Non ho idea di cosa stiate
parlando. Ma se non ve ne andate subito chiamerò la polizia. -
- D'accordo, e
noi consegneremo questo agli sbirri. - ribatté Akemi.
Ziegler sbuffò,
si girò e fece per entrare nel suo ufficio. Sapeva bene che per
incriminarlo serviva molto di più di un quaderno con dei numeri. Per
un attimo maledii quel periodo storico dove la parola “prova” era
un optional per la polizia.
Quando aprì la
porta notai, sopra un mobile, una statuetta in metallo raffigurante
una svastica.
- Hail Hydra! -
urlai. Era la prima cosa che mi era venuta in mente per attirare la
sua attenzione.
Ziegler si
fermo, si girò e ci guardò furente. - Come hai detto?
- Che c'è, non
va più dentro a chiamare la polizia? Ma prima vorrei chiederle una
cosa, secondo lei come reagiranno i poliziotti quando vedranno quella
bella scultura nazista sul mobile in mogano? - chiesi
sbeffeggiandolo.
- È solo un
ricordo della guerra! - continuò a fissarmi l'uomo.
- Lei è un ex
nazista, signor Ziegler? - chiese Samari disgustata.
Lui la fulminò
con lo sguardo. - Sì, ero un nazista e ora sono a capo di questa
azienda miliardaria. E tutto grazie alla Macchia Nera. - E
infine si mise a ridere.
- Macchia Nera?
- chiese Akemi.
- Una
organizzazione mondiale segreta creata per governare il vostro
mondo. - rispose inorgoglito.
- Sì, come no.
Questo lo terremo noi. E stia tranquillo, signor Ziegler, torneremo e
non saremo amichevoli come oggi. - fece Akemi e ci incamminammo verso
le scale.
Lui sbuffò. -
Cinque streghe inferiori che si mettono contro la razza eletta? Buona
fortuna.
Io mi fermai,
mi voltai e dissi: -Troveremo molte persone disposte ad appoggiarci.
Dopotutto, si sa: tutti odiano i nazisti! - sorrisi. Il suo volto
cambiò in una smorfia di rabbia. Mi girai di nuovo e mi affrettai
per raggiungere gli altri.
Come sempre,
appena si sconfigge un nemico ne spunta fuori un altro, stavolta era
una agenzia miliardaria capeggiata da un vecchio nazista, la prossima
poteva essere la stessa Macchia Nera o peggio.
Nessun commento:
Posta un commento