16 Febbraio 1947
Quando mi
svegliai feci un sussulto, il ragazzo che mi aveva salvato era
accanto a me con la faccia a pochi centimetri dalla mia. Era
profondamente addormentato.
Che carino,
arrossii.
Aveva i capelli
ricci e castani, labbra carnose anche se screpolate e, da quello che
ricordavo, aveva gli occhi azzurri ed era più alto di me. Il modo di
russare assomigliava a quello di un bambino, non faceva rumore ma
solo un flebile sibilo mentre respirava.
Raggiunsi la
sua guancia e lo baciai delicatamente. - Chiunque tu sia, grazie. -
sussurrai.
Provai ad
alzarmi ma le forze non me lo permisero. Avevo fame, ero a corto di
forze e mi girava la testa. Tornai a sedermi.
Dopo alcuni
minuti il ragazzo si svegliò e mi guardò. - Buongiorno.
- Buongiorno a
te. - gli sorrisi.
Lui si alzò a
sedere. - Hai fame?
- Un po'. - gli
risposi.
- Perfetto! -
Si alzò e andò verso il camino e accese il fuoco, poi aprì un
armadietto con dentro varie scatolette di latta. - Il pranzo sarà
pronto fra poco. - sorrise.
Era gentile,
cosa che all'inizio mi aveva spiazzata, dopo tutto quello che avevo
passato con Evaline e gli altri non pensavo di potermi minimamente
fidare di qualcuno. Eppure ero nelle mai di uno sconosciuto e provavo
una strana sensazione nei suoi confronti, come se lo avessi già
conosciuto.
Mi sentivo un
po' in colpa per lasciarlo in un posto desolato come quello ma dovevo
tornare a New Orleans e far sapere a tutti che stavo bene.
- Hai un
cellulare o un telefono? - gli chiesi.
Lui si girò
con fare sorpreso. - Un cosa?! - Poi tornò a preparare quelli che
sembravano fagioli in scatola.
- Okay, niente
cellulare. - sussurrai. - Come mai vivi qui? - gli chiesi ancora.
Lui mi porse la
scatola di fagioli caldi. - Questa è la baita da caccia dei miei
parenti... - rispose.
Misi in bocca
un cucchiaio di fagioli, erano buoni. - E i tuoi parenti ti lasciano
qui a vivere da solo?
Lui sospirò e
abbassò lo sguardo. - Sono tutti morti a Londra...
Capii che ero
in Inghilterra e che era successo qualcosa a Londra. La sua
espressione vuota mi fece intuire che fosse stato qualcosa di
orribile.
- Londra? -
provai a chiedere.
- D... durante
il bombardamento di sei anni fa, il tre dicembre... i tedeschi... -
continuò.
Sgranai gli
occhi e cominciai a sudare freddo. - Di quale bombardamento stai
parlando?
- Ma hai anche
sbattuto la testa ieri? Intendevo il bombardamento dei nazisti nel
1940... - mi guardò stranito.
- M... Mi...
Mille... novecento... quaranta? - stavo tremando. O lui era pazzo
oppure io ero sperduta nel tempo.
Lui fece di sì
con la testa.
- Non è
possibile. Io sono nata nel 2005... e questo è il 2016... - prova a
ragionare.
- No, ti sbagli
siamo nel 1947. La guerra è finita da due anni. - rispose.
- No. No. No.
Non esiste. Io... io devo... devo... - stavo andando nel panico.
Il ragazzo si
avvicinò e mi prese per le spalle. - Calmati. Calma. - mi sussurrò
gentilmente.
Scoppiai a
piangere e smisi di parlare per quel giorno. Ero sotto shock. Avevo
salvato il mondo dissipando un paradosso temporale e mi ero ritrovata
sessantanove indietro nel tempo. In un istante di lucidità provai ad
usare di nuovo le mie capacità ma non ci riuscii. Avevo perso i
miei poteri di strega, ero diventata una persona normale.
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