Sono molto in difficoltà a parlare di questo libro perché non amo fare recensioni negative e perché mi dispiace affossare un esordiente.
Lo sono anche io e so quanto sia difficile ascoltare alcune critiche sulla nostra “creatura”, che amiamo e che abbiamo curato nei minimi dettagli.
Ma il problema è proprio questo: qui non c’è nessuna cura, nessuna attenzione alla forma.
Ho iniziato a contare i refusi e arrivata al 19% della lettura, avendone trovati già almeno 10, ho lasciato perdere.
E ne ho incontrati ancora molti. Decisamente troppi.
E a me questo fa arrabbiare, per due motivi.
Il primo è il rispetto nei confronti del lettore che acquistando un libro concede la propria fiducia all’autore il quale, come minimo, deve averlo confezionato al meglio.
Il secondo motivo è che questa incuria, questa superficialità mettono in cattiva luce il mondo del self publishing. Ormai si trovano troppe opere buttate nel calderone di Amazon tanto per vendere o scalare una classifica.
È una questione di professionalità, a prescindere dal fatto che si voglia essere scrittori per lavoro o per diletto.
Mi dispiace prendere il libro di Andrea come pessimo esempio ma è esattamente questo.
Inoltre vorrei consigliare all’autore di seguire le indicazioni che gli sono state date dal suo editor, che so essere una persona molto professionale e attenta, e che non avrebbe MAI lasciato il testo in questo stato indecente. Non ha senso affidarsi a qualcuno e poi ignorare le sue indicazioni.
Mi premeva dire queste cose perché sono una fiera sostenitrice dell’editing e dover leggere romanzi scritti in questo modo mi innervosisce. Oltretutto tutti questi errori distraggono dalla lettura e anche questo penso che sia contro producente per l’autore stesso.
E poi ho una domanda: perché usare quelle lineette per i dialoghi? Io sono un’amante sfegatata dei caporali e mi delude sempre non trovarli.
Fatta questa premessa molto importante, passiamo alla trama.
Confesso che, ancor prima di accettare di leggerlo per recensirlo, avevo visto la sinossi e ne ero rimasta affascinata.
L’idea di un uomo nel corpo di una donna mi sembrava una bella sfida per un autore che deve riuscire a immedesimarsi in un atteggiamento che, per questione di genere sessuale, può non appartenergli.
L’inizio mi è piaciuto, il protagonista Erik Crane accenna alla sua storia, a come una sera sia praticamente morto per salvare una ragazza da quattro malviventi e come si sia svegliato nel corpo di una ragazza, Evaline Deraneau.
Ora vive a New Orleans e fa la barista.
Anzi, il barista, perché tutta la narrazione è al maschile come è giusto che sia, e non c’è mai un momento in cui ci sentiamo confusi da questa cosa.
Evaline incontra Valentine una sera, quando la salva da un aggressore e quando vede, per la prima volta, una strega.
Valentine ha il potere della telecinesi e la usa per scagliare lontano da sé l’uomo che la vorrebbe morta.
Evaline la porta a casa sua e da qui parte la trama che, devo dire, è anche abbastanza articolata e con degli spunti interessanti.
Man mano che si va avanti con la narrazione entrano in gioco altri personaggi che, piano piano, vanno a formare una nuova congrega, anzi, come dice Erik, un nuovo branco, una nuova famiglia.
Quindi potenzialmente potrebbe venire fuori un gran bel romanzo, ma ci sono molte cose che non mi hanno convinta.
Parto da ciò che mi ha annoiata, e sono le scene di lotta. È sicuramente un gusto strettamente personale ma credo che ce ne siano troppe e siano eccessivamente dettagliate. È una sequenza di colpi poco coinvolgente, con un amore particolare dell’autore per la parola fendente. Penso che in questo caso si senta forte l’impronta maschile.
A partire dalla scena in albergo, quando Evaline e Tiffany vanno a cercare Valentine, ho avuto un dejà vu.
Non so, sarà stata la presenza dei cinesi, la descrizione del classico bordello, rastrelliere con finte spade orientali, i dialoghi prima e durante i combattimenti… ma mi è sembrato di entrare in un film di Jackie Chan degli anni novanta.
Un po’ scontato, semplice, dove l’eroina si trasforma in un ninja perfettamente addestrato.
Mi rendo conto che sia un urban fantasy, mi rendo anche conto che Evaline deve capire molte cose che la riguardano e che la fanno agire d’impulso, sospinta da una forza che ha dentro e che ancora non si spiega, ma mi sembra tutto troppo. Quantomeno troppo veloce.
Un’altra cosa che ho mal sopportato è il carattere di Evaline: isterica, instabile, dall’innamoramento rapido.
È sicuramente leale, un ottimo capo che sa prendere buone decisioni e sa affidarsi alle persone giuste, però è davvero umorale. Risponde male a tutti e nessuno la mette al suo posto.
Non è certo una caratteristica che non troviamo in altri romanzi ma non l’apprezzo particolarmente.
Mi è piaciuto, invece, il personaggio di Tiffany che mi ha ricordato l’attrice Michelle Rodriguez, per questo suo carattere burbero, l’amore per le macchine e per la dolcezza nascosta, quella fragilità che tira fuori solo in alcuni momenti.
In ‘Lonely souls’ viene affrontato anche un tema importante come il rapporto, pessimo, con i propri genitori.
Erik ha deluso i suoi rifiutandosi di votarsi al dio denaro e preferendo essere una persona più attenta ai sentimenti degli altri, desideroso di dare e ricevere attenzioni. Per i genitori non c’è redenzione, nemmeno il giorno del funerale del figlio, quando Evaline parla di Erik come di un ragazzo speciale e i suoi continuano a considerarlo un fallito.
Mi piace quando i cattivi restano cattivi.
Infine, vorrei fare i miei complimenti ad Andrea per la cover che trovo bellissima ed esplicativa, così come il titolo.
Solo alla fine del libro capirete il perché di questa scelta che ho apprezzato molto.
Diciamo che non è un libro che consiglierei, sicuramente non così com’è adesso.
Quindi invito Andrea a sospenderne la vendita fino a che non ne avrà sistemato ACCURATAMENTE l’editing, rispettando le indicazioni che gli sono state fornite da chi ci ha messo mano.
Se ci sarà un seguito o comunque un altro libro dello stesso autore mi auguro di trovare un testo più maturo e un rispetto maggiore per il lettore.
Le scelte della trama possono piacere o non piacere, ma è un diritto di chiunque scriva decidere cosa raccontare, come far comportare i propri personaggi e optare per un finale piuttosto che per un altro.
Il come, invece, l’attenzione all’italiano e ai refusi, è un dovere imprescindibile.
Dal blog: Letture Sale e Pepe
Nessun commento:
Posta un commento