7 Luglio 1948
Era passato più
di un anno da quando avevo incontrato Joseph e dal mio arrivo in
questa epoca. Avevo imparato a conoscerlo, era gentile e premuroso.
Si cacciava spesso nei guai ma riusciva sempre misteriosamente a
cavarsela. Molto spesso si trattava di rubare cibo o vestiti ai paesi
vicini, ma mai nulla di veramente prezioso, diceva che il denaro era
per gli stupidi che vogliono tutto senza sapere cosa farne. Era
intelligente per non essere mai andato a scuola e scoprii che aveva
tre anni più di me.
Avevo anche
conosciuto l'epoca in cui vivevo, le donne erano trattate come
dipendenti non pagate per stare a casa a fare le casalinghe. Avevano
pochi diritti e molti doveri verso il marito e i figli. Una volta
vidi il un bar un uomo picchiare ripetutamente sua moglie e nessuno
si era scomodato per dire qualcosa, nemmeno dopo averle ridotto il
viso a una maschera di sangue. Avevo voglia di intervenire ma Joseph
mi aveva fermata dicendomi: - Se non è oggi sarà domani e se
intervieni forse domani sarà anche il suo ultimo giorno. -
All'inizio non avevo capito, poi mi ero ricordata che non esisteva
alcuna legge contro il maltrattamento e l'abuso femminile.
Quel giorno
capii anche che Joseph si sentiva in colpa per il fatto di non poter
fare nulla per la donna.
Tre mesi dopo
la trovarono morta in un boschetto vicino al Vallo di
Adriano, vicino a casa nostra.
Ricordo che mi sentivo arrabbiata e frastornata e pesai a quante altre donne avrebbero perso la vita per colpa di uomini come il marito di quella poveretta.
Ricordo che mi sentivo arrabbiata e frastornata e pesai a quante altre donne avrebbero perso la vita per colpa di uomini come il marito di quella poveretta.
La maggior
parte del tempo la passavo a pulire casa, sistemare i panni,
preparare da mangiare, oppure a leggere libri: mi era sempre piaciuto
leggere libri perché mi aiutavano a fuggire dalla realtà, anche nel
2016 spesso leggevo per questo motivo.
I libri erano
pochi e raramente riuscivo a recuperarne altri, le librerie
erano ancora poco fornite.
Joseph era un
bravo ragazzo e da quando mi aveva trovata mi era sempre rimasto
accanto. Era davvero un buon amico. Una volta mi aveva salvato da un
venditore che voleva consegnarmi alla polizia per aver rubato un
pollo da cucinare.
Il Vallo di
Adriano era ad un paio di chilometri di distanza, lo scoprii facendo
una passeggiata per schiarirmi le idee. In realtà era una lunga
collinetta che andava da est a ovest a perdita d'occhio. Non erano
ancora stati fatti scavi archeologici, almeno non il quel posto.
Capii che era il Vallo dal simbolo della nona legione inciso su una
pietra abbandonata dalle intemperie e finemente lavorata.
Faceva caldo e
mi ero stesa sul prato davanti a casa, stavo leggendo per l'ennesima
volta l'odissea
Joseph era
uscito da solo dicendomi di aspettare a casa, aveva una espressione
strana e per niente rassicurante. Sapevo che se la sarebbe cavata ma
ero comunque in pensiero per lui.
Tornò a casa
verso il tramonto, alzai lo sguardo e notai le ferite da taglio e i
vestiti tutti strappati e sporchi e con un fucile in mano.
Mi alzai e gli
corsi in contro. - Ma cosa ti è successo?
Lui voltò lo
sguardo. - Ho incontrato persone che non dovevo mai più vedere. Mi
hanno aggredito e io gli ho rubato questo. Se lo vendiamo potremmo
finalmente magiare in modo decente. - mi sorrise.
- Delle
persone? Chi è stato? - provai a chiedere.
- Lascia
perdere. Ora è finita. - Continuò ad avanzare fino a sorpassarmi.
Io gli tornai
davanti e lo bloccai. - No, ora ti mi... - provai a dire.
Joseph mi prese
per le spalle. - Tess, lascia perdere. Stanne fuori, ti prego. - Vidi
i suoi occhi diventare lucidi dalle lacrime.
Io rimasi in
silenzio, non avevo il diritto di ribattere anche se volevo sapere
cosa era successo. Quello che non volevo, invece, era perdere l'unico
amico che avevo.
Lui fece un
profondo respiro e mi superò per poi entrare in casa.
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