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giovedì 15 settembre 2016

Stagione 2 Episodio 17



La preside rimase sconvolta dalla notizia, poi in un momento di coraggio - Mi... mi faccia strada. - fece alla segretaria che, ancora scossa, fece si con la testa e accompagnò la donna fino al luogo del delitto.
Tiffany mi guardò, e senza nemmeno parlarci ci precipitammo a seguirle. Uscimmo dall'ufficio, Jolene e Francis si stavano guardando perplessi. Gli feci un cenno, loro si alzarono e ci seguirono senza fiatare.
Percorremmo l'ennesimo corridoio ed entrammo in una sala piena di strumenti musicali e una piccola mensola per gli spartiti, nella parete in fondo alla saletta delle sedie erano posizionate a simulare un'orchestra, alcune di esse erano coperte da macchie di sangue che gocciolava lentamente dalla parete. Guardai in alto e vidi una ragazza inchiodata al muro coperta di sangue dalla testa ai piedi, il vestito bianco e i jeans erano strappati, le braccia e le gambe aperte come a simulare una crocifissione romana. L'odore metallico dei fluidi corporei era quasi insopportabile, mi fece tornare in mente il massacro al cimitero e un brivido alla schiena al solo pensare a Mei.
- Oh mio dio. Ti... tiratela giù, presto! - ordinò Hannabeth.
Mi ripresi in tempo - Fermi tutti. Non dovete toccare nulla. Chiamate l'ambulanza e la polizia. - sbottai di rimando.
La preside si voltò con la faccia contorta dal disgusto - Ma non possiamo lasciarla così, e se fosse ancora viva? - gracchiò.
Qualcuno dietro di me sbuffò annoiato, mi voltai, era Jolene - Okay, vai lì e prova a sentirle il battito. - le proposi sospirando.
- Va bene, mamma. - mi fece lei con un sorriso.
La preside mi guardò male, sapevo cosa le stava passando per la testa, ma non gli diedi peso. Jolene, facendo attenzione a non toccare nulla, mise due dita sulla carotide della ragazza. Scrollò la testa, era morta. Jolene tornò indietro facendo attenzione a dove metteva i piedi ma aveva un'espressione cupa in volto.
Alcuni ragazzi si fermarono per guardare, i mormorii erano cominciati da subito. Una ragazza aveva la mano sulla bocca e lo sguardo fisso verso la vittima.
Hannabeth notò la folla - Non c'è nulla da vedere, tornate a casa. Uscite dall'edificio, se avremo bisogno vi faremo contattare dalle autorità. - ordinò agli studenti.
"Finalmente ha fatto una cosa quasi intelligente!" pensai.
Presi di parte Francis - Allora, che idea ti sei fatto? -
- Cavolo, non mi dai nemmeno il tempo di esaminare tutto... - commentò.
Risi sarcastico - Non ci provare, sei in punizione per un mese quindi o ragioni in fretta oppure raddoppia il periodo di punizione. - gli risposi con poco garbo.
Lui mi guardò male - Fai sul serio? - lo guardai negli occhi in silenzio - Sì, fai sul serio. Da quel poco che ho visto sembra un rituale di canalizzazione. Uccidi la vittima sacrificale e ne incanali la forza vitale. - spiegò.
Lo osservai attentamente - Ma? - dissi per incoraggiarlo a dirmi tutto.
- Ma se è così e non ne sono sicurissimo, non credo che l'omicida si fermerà. Queste pratiche hanno bisogno di molta energia per poterci fare qualcosa di concreto. - continuò con la spiegazione.
- E con molta energia tu intendi... - provai a ragionare.
Lui mi fissò negli occhi - Molte vittime! -
- Ecco, appunto! - sospirai.
Era implicita la priorità di trovare il killer il prima possibile, anche se non avevamo quasi nessun indizio. L'unica cosa certa era che doveva essere stata una strega a compiere quell'atrocità.
La polizia arrivò pochi minuti dopo seguiti dall'ambulanza. Fecero tutti i rilevamenti e gli interrogatori ai presenti e infine portarono via il corpo della ragazza. Hannabeth aveva l'espressione isterica e paranoica verso chiunque, parlarle era praticamente impossibile in quel momento.
Mi avvicinai alla segretaria - Senta, per caso oggi c'erano lezioni di musica? -
Era una donna sulla trentina posata e ben vestita - No, oggi no. - si asciugò le lacrime con un fazzoletto. Pura scena visto il distacco con cui mi aveva parlato al telefono.
- Capisco. Qualcuno ce l'aveva con la vittima? - la buttai sperando in una risposta.
La donna mi guardo strana - Ma che facendo un interrogatorio? -
- Assolutamente no, volevo solo capire la situazione. - le risposi.
Lei fece una smorfia - È stata barbaramente uccisa una studentessa, che altro vuole capire? - poi si voltò e se ne tornò in ufficio.
Provai a fermarla ma non funzionò, la possibilità di reperire informazioni era bella che andata.
Tornai da Jolene, Tiffany e Francis che stavano parlando tra di loro - Che avete da fare tutto sto casino? -
Jolene mi guardò e per un attimo sembrava voler stare zitta - Quella ragazza è Alice More, l'ho riconosciuta quando le ho ascoltato il battito. Faceva parte di una congrega di streghe qui a scuola. - spiegò con un tono grave.
- Streghe? Intendi come noi? Io non le ho percepite, come hanno fatto... - provai a ragionare.
Jolene mi interruppe con una leggera gomitata al fianco e mi mostrò un ciondolo con una stella a cinque punte coperto di sangue - Sono delle streghe moderne, sai la wicca, incantesimi all'acqua di rosa... sono persone normali che venerano la natura. Gli altri membri si chiamano Amber, Emma, e Joshua. - spiegò.
- Okay. - ragionai su questa ultima informazione - Quindi sono un gruppo di ragazzi emarginati dal resto della scuola. -
- Sarebbero delle vittime perfette per questo tipo di rituali. - continuò Francis.
Jolene sospirò preoccupata – Sono ormai due giorni che non si fanno vedere in giro. Pensavo stessero preparando chissà che cosa per le festività, ma adesso... - li conosceva di vista e in qualche modo si sentiva responsabile per loro.
Le misi una mano sul fianco e le baciai la testa - Tranquilla, troveremo il responsabile e se sono in pericolo li salveremo. O almeno ci proveremo, promesso. -
Lei mi abbracciò forte in vita e affondò la la faccia sul mio seno - Grazie, mamma! -
Era prioritario trovare quei tre ragazzi il prima possibile, il fatto che non abbia sentito la presenza di quella strega killer mi faceva preoccupare parecchio. Se qualcuno poteva entrare tranquillamente nel nostro territorio e fare quello che gli pare, quel poco di pace che avevamo guadagnato sarebbe finito prima di quanto pensassimo.





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